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Istinto di sopravvivenza

by in Piante, giardini, parchi

BZ Blatterbach (2)

 

In Alto Adige c’è una grande spaccatura che apre il monte Corno, in parte fatto di porfido ed in parte di calcare: è la conca del Blätterbach. Dove una volta c’era un ghiacciaio, il torrente scende con un salto erodendo la montagna, aiutato dai temporali e dalla neve nel portare a valle i massi che si sbriciolano, mettendo a nudo vegetali carbonizzati dal tempo e conchiglie dell’epoca in cui lì c’era stato il mare.

Larici e pini silvestri, qualche pioppo, salici ed ontani trattengono come possono il terreno lungo i suoi bordi, aggrappandosi con le radici a rocce instabili. Alcuni non trovano abbastanza spazio per svilupparsi nelle dimensioni consuete e si adattano a misure bonsai, mantenendo foglie ed aghi piccolissimi su minuti tronchi e rami. Altri crescono e precipitano, quando la roccia si sbriciola. Qualcuno si inclina paurosamente verso il baratro ma raddrizza la cima, ben deciso a non lasciarsi cadere.

 

BZ Blatterbach (1)

 

Nel punto in cui scende il sentiero dal centro visitatori di Aldino, un pino silvestre si era installato a metà altezza sul gradino di un grosso masso, alto una decina di metri e staccato di pochi centimetri dal resto della parete. Appena diventato grandicello, però, l’appiglio si era rivelato del tutto insufficiente. Non aveva modo di aggrapparsi meglio neppure con le radici, che non ce la facevano a trovare spazio in cui penetrare nelle rocce. Allora aveva fatto crescere i suoi rami solo verso la parete, lasciandoli nudi e tentando di aggrapparsi con quelli come se fossero radici, mentre altri li lasciava a testa in giù, come un tentativo di raggiungere con loro la base ancora lontana del masso e puntellarsi lì. Non erano riusciti molto bene, con lo scarso nutrimento che poteva elaborare la cima, dove c’erano pochi aghi e con la risicata acqua e minerali che salivano da radici rade. Eppure l’istinto di sopravvivenza gli impediva di arrendersi alla morte che aveva tentato in tutti i modi di stroncarlo. Come abbia fatto a resistere per tanto tempo lo può capire chi si è trovato nelle difficili condizioni che spingono continuamente a farla finita ed un carattere esuberante che vuole farcela a tutti i costi.

Era riuscito, dopo qualche tempo, a crescere fino a raggiungere la cima del masso. Subito aveva curvato la punta per appoggiarvela sopra, così che né il vento né un carico di neve riuscissero a sbilanciarlo. Aveva continuato a strisciare con quella, sulla superficie orizzontale e a spingersi nella direzione in cui altri alberi erano ben sistemati. Il fusto era piegato ad angolo retto, come il gradino di roccia su cui si appoggiava. Appena la punta aveva trovato un altro dislivello, di nuovo si era piegata, anche se con minor durezza, ormai sicura di aver assicurato alla roccia il resto. Alzava solo un poco i rami, quel tanto che bastasse a far bere loro la luce del sole. Restava il problema di come trovare l’acqua e i minerali, con radici tanto scarse. Stavano forse ancora crescendo nelle spaccature, tentando di trovare la via, ma non è possibile saperlo. Il porfido rosso nasconde la loro fatica.

 

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