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Alberi Monumentali del Friuli/Venezia/Giulia, provincia di Trieste

by 24 Marzo 2009
leccio del parco Miramare di Trieste

leccio del parco Miramare di Trieste

 

Nel parco di Miramare a Trieste, dove ci sono quasi solo sempreverdi come lecci e pini, allori, cipressi e palme nane, si trova un PINO DOMESTICO basso ma dalla chioma abbondante, tronco dalla circonferenza di tre metri, curvo verso il mare, già lungo la passeggiata verso il castello, davanti alle scuderie. Nella parte alta del parco, verso ovest ce n’è un altro diritto ma dal tronco altrettanto grosso. C’è anche un CORBEZZOLO di 130 anni, dalla corteccia color arancio. Questo sempreverde dai fiori a campanule bianche profumate e dai frutti rossi che si trovano contemporaneamente sulla pianta cresce di solito più a sud o in Sardegna. Il clima mite di Trieste permette a lui come ai lecci di trovarsi a loro agio. E c’è un LECCIO nello stesso parco, sopra il parterre, anche lui di 130 anni , dal tronco che si dirama in tre parti fin da terra. Il leccio è una quercia sempreverde, dalle foglie piccole, strette, color verde scuro ma grigie nella pagina inferiore.

In una frazione di San Dorligo della valle, a Crogole, accanto alla chiesetta dedicata alla Trinità, un bel TIGLIO di 350 anni resiste ancora ottimamente.

A Basovizza, sopra Trieste, a 300 m circa sul livello del mare, c’è un centro didattico naturalistico che vale la pena di visitare, prima di andare a trovare due begli alberi in ambienti pieni di suggestione.

Il primo è un FAGGIO, unico, insolito per il luogo e l’altitudine. Andando verso Pesek, parcheggiare nello spiazzo accanto alla chiesetta sulla sinistra e salire per la strada forestale. E’ molto bello il paesaggio di landa, pur un po’ troppo invaso dallo scotano che soppianta essenze originarie. Si sale fino ad entrare nel bosco con i primi pini neri, specie austriaca usata per ridare alberi al carso selvaggiamente disboscato per ottenerne legname. Data la sua estrema frugalità e resistenza, a metà ottocento era stato piantato perché preparasse il terreno ad accogliere di nuovo più tardi la vegetazione locale. Proprio queste sue qualità hanno però fatto in modo che si riproducesse più del dovuto, anche a causa di un’insufficiente controllo e manutenzione.

La strada forestale finisce in una radura. Dopo dieci metri, girare a destra sul sentiero segnato in bianco e blu (segnaletica slovena). Arrivati ad un avvallamento, salire a sinistra finché, dopo aver visto alcuni cerri, si trova il FAGGIO di circa 250 anni, in un ambiente molto suggestivo. Mezz’ora all’andata e altrettanto al ritorno sono tempi medi di cammino.

Nella stessa Basovizza c’è un percorso pianeggiante fra i boschi molto piacevole per la vegetazione e per le “stanze” che sembrano essere le varie proprietà recintate da muretti a secco. E’ il bosco di Igouza, di cui si possono percorrere varie strade e sentieri. Scegliendo quello in ombra, con la segnaletica, arrivati quasi al confine di stato, prima del pannello di spiegazioni della fauna, prendere un sentiero sulla destra che porta ad una dolina, vale a dire un avvallamento naturale. E’ una proprietà privata ma con rispetto si può visitare, scendendo per vedere, sul versante nord vari CERRI ed uno di particolare altezza, età (forse due secoli) e bellezza. Dietro di lui è molto bello l’ambiente, con le rocce ricoperte di muschio e l’atmosfera di grande suggestione.

A San Giovanni in Tuba, vicino a Duino, dove l’acqua del fiume Timavo rispunta dalla terra nelle risorgive, c’è una bella chiesa romanica in mezzo agli alberi. Fra loro un PIOPPO GRIGIO ben più alto del suo campanile ed una circonferenza di circa 4 metri.

 

 

 

Alberi monumentali del Friuli/Venezia/Giulia, provincia di Udine

by 23 Marzo 2009
tiglio di Tarvisio

tiglio di Tarvisio

 

A Passariano, frazione di Codroipo, sulla destra proprio all’inizio del parco della bella Villa Manin, un TASSO femmina di circa 200 anni è davvero molto bello, coi suoi rami che ricadono verso terra fino ad appoggiarvisi. Il tasso è un sempreverde che può vivere 2000 anni, interamente velenoso , Le sue foglioline sono quasi sottili come aghi ed i suoi frutti sono arilli rossi, maturi in autunno. Sulla sinistra, invece un CEDRO DEODARA, poco più avanti rispetto al tasso. Questo sempreverde himalayano è simile al cedro del Libano , molto alto e di forma conica, con gli aghi più lunghi e chiari ed i rametti penduli

Ad Udine, in piazza Patriarcato un GELSO sorprendentemente cresciuto in libertà, senza essere capitozzato come invece è accaduto a quasi tutti i gelsi in passato, per dare in pasto le sue foglie ai bachi da seta. Qui ha preso quanto più spazio ha potuto con i suoi rami che sembrano esploratori dell’aria come per una rivincita anche a nome dei suoi tartassati congeneri. Notevole per bellezza e dimensioni un CALOCEDRO, dalle foglioline che rivelano la sua appartenenza alla famiglia dei cipressi. Insolita è la TORREYA CALIFORNICA della famiglia dei tassi, a cui assomigliano le foglie e il fatto di avere frutti con un involucro carnoso, un po’ somiglianti a dei fichi.

Nel vicino parco Ricasoli, all’ingresso c’è una SEQUOIA SEMPERVIRENS dal fogliame simile a quello dei tassi, una QUERCIA FARNIA altissima ed in ottimo stato. Le querce hanno le caratteristiche foglie lobate ed hanno le ghiande per frutti. Molto robuste, longeve ed adattabili a molti terreni diversi. Degna di nota è una TUJA GIGANTE dalle foglie simili a quelle del calocedro, ma dai frutti legnosi ancora più piccoli, che quando si aprono sembrano fiorellini.

Nella piazza I maggio giganteggiano i PLATANI.

Oltrepassato Premariacco, salendo sulla collina della Rocca Bernarda, tutta coltivata a vigneto, di proprietà dei Cavalieri di Malta, un CIPRESSO di oltre 400 anni, alto 20 metri ed un suo dirimpettaio appena inferiore per dimensioni, crescono davanti al portale della villa. Il cipresso è caratteristico dalla Toscana in giù, sempreverde dalla forma affusolata

Lungo la strada che da Savorgnano porta ad Attimis, sulla sinistra si vede un pannello che indica l’agriturismo Aquila del Torre. Prendendo quella stradina si vedono i ruderi di una villa distrutta dal terremoto del 76. In quello che resta del suo parco, c’è un CORBEZZOLO grandissimo, delle probabile età di 150 anni. Sul prato davanti a ciò che resta della villa, una SOFORA JAPONICA pendula di uguale possibile età, dal tronco danneggiato ma dalla forma tra le più belle, accanto ad una più piccola. La sofora pendula ha i rami disposti in molti archetti o con volute che fanno sembrare i suoi rami dei serpenti attorcigliati.

Lungo la strada appena fuori Attimis, sulla collina si vede una gigantesca FARNIA, (un tipo di quercia) di forse 400 anni, la circonferenza del tronco di 7 metri e l’altezza di 35.

Tornando verso Povoletto, in via dei platani, di fronte ad una villa c’è uno spiazzo circondato da CARPINI più che centenari, tagliati a candelabro, davanti ai quali ci sono statue grottesche dell’ottocento, realizzate da un artista alto-atesino. Tipica dei carpini è il tronco che sembra fatto di fasce muscolari. Le foglie seghettate, in autunno diventano di un bel giallo

Andando da Colloredo, dove c’è un bel castello, verso Tricesimo, si arriva ad Ara Grande dove si vede, a destra già in lontananza, un PINO DOMESTICO col cappello sulle ventitrè, di circa 200 anni, alto una ventina di metri, con un tronco dalla circonferenza di circa 3 metri. E’ il guardiano di un vigneto. Questo è il pino da pinoli, inizialmente di forma globosa, che poi diventa ad ombrello.

Nel centro di Paularo, dopo il municipio e prima di imboccare la strada che sale alla parte alta del paese, due bellissimi IPPOCASTANI di 250 anni sono come le porte trionfali della montagna. Le foglie disposte a raggiera intorno al picciolo, i fiori disposti a cono, la corteccia a scaglie, fanno riconoscere questo albero facilmente

Da Paularo, salendo verso il passo Lanza, dopo circa 3 chilometri si trova, sulla sinistra, un piccolo cartello di legno che indica la presenza di un ABETE BIANCO detto Palme. Da quel punto, salendo sulla destra per un sentierino, si attraversa un torrentello e si continua per venti minuti, facendo attenzione a continuare in piano verso destra, nell’ultimo breve tratto. Si troverà lo spettacolare albero inclinato con 5 tronchi che partono dal fianco di quello principale, facendolo somigliare a canne d’organo. Ha circa 180 anni, alto una quarantina di metri, circonferenza del tronco di 4. Gli abeti bianchi si chiamano così per la corteccia chiara e per gli aghi che, nella pagina inferiore hanno strisce bianche. Con le loro radici a fittone, resistono bene su terreni scoscesi e li preparano, con le sostanze che rilasciano nel terreno, all’arrivo di alberi più esigenti di loro, come i faggi, ai quali qui sono mescolati. Col tempo, sono poi questi a prendere il sopravvento.

cedro deodara di villa Manin di Passariano

cedro deodara di villa Manin di Passariano

 

A Timau, dietro la grande chiesa sale un ripido sentiero acciottolato. Si trova un grande fossato ed una protezione anti-valanghe dietro cui il sentiero continua ancora più ripido, entrando presto nel bosco. E’ davvero molto bello e porta ben presto ad un punto di incontro con una stradina. Lì c’è quello che è forse il più grosso e bel FAGGIO che, insieme ai compagni, protegge l’abitato dalle valanghe. Il bosco si chiama “bandito” perché era ed è proibito tagliare gli alberi, così importanti per la sicurezza. Era stata la repubblica di Venezia a prendere questo provvedimento.

Poco prima di Tarvisio, a Malborghetto, nel giardino del Palazzo Veneziano, che ospita il museo etnografico, c’è un grande TIGLIO di oltre 400 anni in condizioni discrete. Il tiglio si riconosce in special modo a giugno, quando fiorisce e profuma intensamente l’aria. Ha foglie a forma di cuore. Sulla piazza della chiesa c’è un ACERO in una situazione meno felice. Tipiche dell’acero sono le foglie a forma di palma di mano e i frutti che paiono grandi insetti alati

Sempre verso Nord, a Camporosso, il viale della stazione è alberato con dei PERI SELVATICI centenari.

Dal duomo di Camporosso, camminando a sinistra e salendo per una ripida stradina si arriva ad una casa isolata nel cui grande prato si trova un altissimo FAGGIO. Si riconosce dalla corteccia grigia e liscia e dalle foglie ovali, appuntite alle estremità

Da Tarvisio basso si svolta a destra e poi subito a sinistra per salire a Rutte Piccolo. Lasciato l’automezzo, si potrà continuare a piedi un paio di minuti per raggiungere un sentiero che, nel prato di fronte ad una cabina elettrica, porta al più bel TIGLIO SELVATICO che si possa immaginare, di 300 anni d’età, 10 metri di circonferenza del tronco, 30 metri di altezza e altrettanto di larghezza della chioma. E’ chiamato “tiglio di Napoleone” perché sul posto avevano combattuto le sue truppe e nel terreno sono stati sepolti, tutti insieme, moltissimi combattenti di allora.

All’ingresso di un vialetto con un’antica casa, 2 enormi e centenari OLMI MONTANI danno il benvenuto. Si riconoscono in modo particolare dai piccoli frutti che a maggio cadono a terra. Sono come coriandoli di carta velina con un semino nel mezzo

Tornando sulla strada principale che va verso la Slovenia, si gira verso Oltreacqua e, una volta risaliti per un breve tratto di bosco, all’uscita si vedrà su un poggio a destra, il verde bronzato di un grande NOCE centenario, davanti alle poche case di San Antonio. Più avanti si può parcheggiare e guardare bene l’albero e un suo quasi coetaneo.

Tornati sulla strada principale, si continua verso Fusine e la si oltrepassa, salendo fino a che non si trova un gruppetto di case ed uno slargo, a destra, prima del confine. Si prende la stradina a destra della grande casa con negozio e si continua sulla strada che diventa sterrata, fino al oltrepassare un ponticello dopo il quale si può parcheggiare. Delle tre stradine di quel punto, prendere quella a destra, che va ad una casa colonica. Da lì, subito sulla destra, dalla presenza di alcuni aceri si può immaginare che, qualche metro più avanti si trovi il grande ACERO DI MONTE, di 200 (forse 300)  anni, già in territorio sloveno.

Ad Aquileia sono i CIPRESSI ad avere chiome folte e fusti imponenti. Presso il Museo Archeologico c’è un GLICINE monumentale proprio all’ingresso e un CEDRO DEL LIBANO che si vede da lontano, oltre a una grande MAGNOLIA GRANDIFLORA.

A Latisana, proprio in centro, vicino al cinema, vicino alla strada c’era fino all’inizio del 2008 un’enorme ZELKOVA CRENATA, o olmo del caucaso, del 1790. Era alta circa 40 metri, con una circonferenza del tronco di 7,50 e mostrava, al piede, una corteccia diversa, nel punto in cui era stato innestato su un olmo campestre, 218 anni fa. E’ crollata nel gennaio 2008, probabilmente a causa dei danni alle radici provocati dal traffico pesante della strada sotto cui passavano. C’è però nelle vicinanze il bel parco Gaspari con tanti grandi alberi fra cui FARNIE, CARPINI BIANCHI, PIOPPI con circonferenze intorno ai 4 metri.

 

 

Alberi monumentali del Lazio,provincia di Frosinone

by 23 Marzo 2009
bagolaro di Frosinone

bagolaro di Patrica

 

Arrivando da Roma, lungo la strada che dalla Casilina sale ad Anagni c’erano varie ROBINIE di oltre cent’anni e di aspetto molto bello, con tronchi dalla circonferenza fino a 3,50 m ed un’altezza di circa 10. Sono state tranciate con brutalità, trasformandole in monconi. Le presunte misure di sicurezza non si ottengono mutilando alberi, animali, persone, ma trattandoli con competenza (vedere nella rubrica piante e animali il capitolo sulle potature). Sono alberi molto robusti e le loro radici sono fra le più efficaci per consolidare i pendii e qui, lungo il ciglio della strada, sono davvero benvenute. Ad Aprile fioriscono coi bei grappoli bianchi e profumati.

Prima di arrivare al paese di Patrica, inerpicato sulla collina, prima di uno slargo si vede un enorme, bellissimo BAGOLARO lungo la strada, fuori dal cancello di una casa abbandonata. Se ne vede subito un altro altrettanto bello un poco dietro di lui, al di sopra della strada inferiore. I tronchi hanno una circonferenza di 5 metri e l’altezza è di circa 25. Il bagolaro è bellissimo anche d’inverno, per la forma a soffione della sua chioma. Questi due sono eccezionali. Sempre dietro la casa ma sul lato destro e sul terreno più basso, c’è un PINO DOMESTICO che è degno compagno dei due bagolari per età, dimensioni e bellezza. Caratteristica di questa conifera è la forma a globo della chioma in gioventù, che diventa ad ombrello con l’età, come è il caso di questo.

Nella strada che scende dietro la casa, proseguendo oltre il bivio sulla destra, sul fianco di una casa si trova un CASTAGNO dal doppio tronco davvero imponente e di età intorno ai 100 anni.

Nel centro di Settefrati, tra la chiesa e l’ufficio postale vive un bel TIGLIO selvatico dalla circonferenza di 4,5 m, alto 18. Dietro il monumento del belvedere ce n’è un altro più piccolo ma bello. Entrambi sono dimezzati nel senso longitudinale così che, se si vedono di fronte sembrano interi, ma di profilo manca loro metà chioma, stroncata durante un temporale. I rami si rompono col vento quando le radici sono state indebolite da scavi, tagli, copertura del terreno o altri danneggiamenti di cui ben raramente la gente è consapevole. La mancanza di salute delle radici causa malattie ai rami. Il tiglio è un albero dalle molte qualità curative nei fiori, nelle foglie, nel legno. A maggio fiorisce spandendo un delizioso profumo. La varietà selvatica ha piccole foglie seghettate a forma di cuore, che in autunno, prima di cadere, diventano di un bel giallo vivace.

 

 

Alberi monumentali del Lazio, provincia di Latina

by 22 Marzo 2009
olmo di campodimele

olmo di campodimele

 

Nella pianura pontina c’è il bellissimo parco di Ninfa. Gli alberi non sono molto antichi ma il luogo è tra i più suggestivi e la vegetazione, incantevole. C’è un PIOPPO NERO ultracentenario e dal tronco davvero imponente, appena fuori le antiche mura. Il pioppo è fra gli alberi più grandi in Italia, insieme al platano ed al faggio. Cresce in fretta dove c’è molta acqua. Ha sessi distinti ed in Maggio i frutti, portati dalle femmine, rilasciano i fiocchi bianchi che portano lontano i piccoli semi al loro interno.

Nella piazza principale del paesino Campodimele, (lungo la strada di fondovalle ci sono effettivamente dei meli di una certa età) sul cocuzzolo di una collina, c’è un OLMO di trecento anni, col tronco cavo dalla circonferenza di circa 4 metri, ma dall’altezza di circa 5 metri, a causa degli accidenti e dei tagli avvenuti nel tempo. Il suo aspetto, però, nell’insieme è suggestivo, come fosse un albero di fiaba. Gli olmi sono molto ridotti rispetto al passato, perché sterminati dalla malattia grafiosi, causata da un coleottero americano che diffonde sotto la sua corteccia un fungo letale. I loro fiori, a fine inverno, sono rossi ma così eterei da esseri visibili solo se ci si avicina. I frutti maturi già ad Aprile, sono sottili dischetti che sembrano petali verdi di fiori.

 

alberi monumentali del Lazio, provincia di Rieti

by 21 Marzo 2009
castagno di santa Lucia

castagno di Santa Lucia

 

Andando verso Rieti, da Piediluco, si arriva a Rivodutri, in Sabina. Dopo 6 chilometri di salita su una strada stretta, si raggiunge, a 1000 metri, uno spettacolare FAGGIO pendulo che la leggenda attribuisce all’epoca di San Francesco. Il faggio abita volentieri ad altezze fra gli 800 dei 1600 metri, su versanti nord. Diventa molto alto, fino a 40 m. Ha una corteccia sottile e grigia. Migliora le caratteristiche chimico-fisiche del terreno. Il suo frutto è gradito agli animali e un tempo era usato dagli uomini come surrogato del caffè. Questo faggio, però, è del tutto diverso dagli altri che lo circondano, dato che i fusti bassi e i rami tortili crescono prostrati ed obliqui. E’ probabilmente una specie modificata dall’uomo.

 A Rieti, sul viale Maraini, a nord del centro storico, ci sono PLATANI anche ultracentenari, dai tronchi bassi e massicci. Lasciandosi le antiche mura alle spalle, prima di svoltare verso la strada per Roma, sulla destra c’è un grande platano che, d’inverno, quando è senza foglie, pare un grande abito animato che alzi, spaventato, le braccia al cielo. I platani sono fra gli alberi più grandi che abbiamo in Italia, usati spesso per le alberature stradali per la loro resistenza all’inquinamento ed ai maltrattamenti. Si riconoscono facilmente dalla corteccia chiara e liscia, quasi bianca, ricoperta in parte da chiazze in vari toni del beige, del verde, del giallo.

A sud-ovest, lungo il fiume Velino, si trovano SALICI BIANCHI di cui il primo, vicino alla chiusa, è davvero ragguardevole per le dimensioni del suo tronco. Ha almeno 80 anni, una circonferenza di 3,50m e altezza 12. Ad Est, salendo verso Villa Potenziani, si trovano dei PINI LARICI (da non confondere con i LARICI) proprio alla biforcazione della strada tra la salita verso l’hotel Villa Potenziani e il Convento francescano di San Mauro. Su uno degli altissimi alberi si vedrà, a mezz’altezza, un grosso, fittissimo ciuffo di un verde più scuro. E’ lo scopazzo, un’alterazione provocata da un parassita. Risalendo verso il convento, arrivati all’acquedotto e guardando sulla parte della collina a destra, si potrà vedere un altissimo TASSO di 150 anni, alto 27 m. Per avvicinarlo, bisognerà accedere alla proprietà del convento.

Oltrepassata Rieti, sulla superstrada verso Roma, per circa 20 km, uscire per Poggio Moiano. Poco più avanti del bivio, si vedono, sulla destra, dei laghetti per la pesca sportiva. A pochi metri, sulla sinistra, una stradina ripida, da fare a piedi, porta in pochi minuti in cima ad un poggio dove, sulla destra si vede il magnifico LECCIO di Valle Gemma. La circonferenza del tronco è 4,50m e l’altezza 16. La chioma è amplissima. Il leccio è una quercia sempreverde, dalle piccole foglie molto scure e più chiare sulla pagina inferiore. Può vivere centinaia di anni.

All’uscita seguente, prendere per Toffia dove, in località Pantano, c’è un CIPRESSO di 400 anni, altezza 20 m e circonferenza del tronco 6 m. Lasciare l’auto al parcheggio del paese e scendere per la stradina a destra, prima del bar fuori porta. Arrivati in fondo alla valle, risalire una stradina di cemento e proseguire in quella dei campi. E’ facilmente riconoscibile per la sua forma affusolata. Può vivere centinaia di anni su terreni aridi e difficili. Le sue profonde radici lo tengono ben saldo sul terreno dove, un tempo, era usato come frangivento perché quando viene messo in filare con altri, il vento ne viene rallentato ed i terreni con le colture ne sono protetti.

 Da Toffia, proseguire per Canneto, dove si trova un OLIVO in ottimo stato, nonostante i suoi 2000 anni. Non è molto alto perché è una specie semi-selvatica, più robusta ma più bassa di quella coltivata, dalle foglie e frutti più piccoli. Il tronco misura 7 metri di circonferenza e 10 di altezza. Gli olivi vivono oltre i 2000 anni, robusti e frugali come sono. L’olio dei suoi frutti, un tempo era usato anche per le sue proprietà medicinali, emolliente per la pelle, combustibile per lanterne, componente dei saponi e con molte altre virtù.

Verso Scandriglia, lungo la statale c’è una QUERCIA ROVERELLA di 300 anni, facilmente individuabile perché davanti ad una cappella. Alla famiglia delle querce appartengono le farnie, i cerri, i roveri, tutti con foglie lobate e ghiande. Querce sempreverdi sono i lecci e le sughere

Più oltre, presso il santuario della Madonna delle Grazie, c’è una bella fila di CIPRESSI, tra cui qualcuno ultracentenario.

 Risalendo verso Monte San Giovanni, prendere la strada che porta verso il monte Tancia. Arrivati nel punto in cui si vede una costruzione cubica, l’Osteria del Tancia, lasciare l’auto e salire a piedi o in fuoristrada fino ad una torretta di osservazione. Da li continuare a piedi sul sentiero per 15/20 minuti verso la faggeta, per vedere un ACERO MONTANO di almeno 200 anni. Gli aceri hanno foglie palmate, che in autunno diventano gialle e rosse. I loro frutti sono alati e sembrano insetti volanti.

Se da Rieti si prende la superstrada per Avezzano, si potranno trovare altri alberi interessanti.

Dirigersi verso Torano, poi Pescorocchiano e, infine, Santa Lucia. Appena prima del cimitero del paese, svoltare a sinistra e lasciare il mezzo. Proseguire verso la carrozzeria e da lì continuare sulla strada per qualche metro. Il primo sentiero a sinistra, porterà dopo pochissimo a due straordinari CASTAGNI di circa 500 anni e dalla circonferenza di m.9,60. Non sono molto alti perché sono stati sempre capitozzati ogni 10 anni circa all’altezza di oltre 2 metri, per utilizzarne il legno, che ricresceva al riparo dai morsi degli erbivori. I tronchi cavi sono molto suggestivi: sembrano castelli.

 

 

Alberi monumentali del Lazio, provincia di Roma

by 20 Marzo 2009

quercia di Palombara sabina con edera avvolta a fusto e rami

 

All’Orto Botanico di Roma, dove vale la pena di passare alcune ore, si trovano due PLATANI di circa 350 anni, di cui uno semi-distrutto da un fulmine. Sono ai lati di una scala monumentale barocca. Roma è ricchissima di platani lungo i viali come quello del Gianicolo, ma soprattutto sul Lungotevere dove i rami oltrepassano il parapetto con effetto di magnifici tendaggi. Sono a dimora dalla fine dell’ottocento per attenuare l’impatto visivo dei muri degli argini. Nell’Orto si trovano vari altri alberi di notevoli dimensioni ed età, come una SUGHERA, un NOCE PECAN, un CANFORO, delle CASUARINE, delle PALME, di cui c’è una grande varietà.

A villa Borghese, nella valletta sotto il Casino dell’Orologio, dalla parte verso il Bioparco, ci sono antichi PLATANI deformi ma molto suggestivi. Ce ne sono altri bellissimi verso il Pincio. Un PINO DOMESTICO, una SUGHERA e un LECCIO con circonferenza del fusto intorno ai quattro metri sono invece vicini al laghetto. Nel cimitero monumentale del Verano ci sono molti CIPRESSI di grande mole e notevoli sono anche quelli del raffinato cimitero Acattolico. Sul rilievo che lungo la via Appia Antica (fa parte di un parco da vedere senz’altro) porta alle catacombe di San Callisto, sul prato al cui margine c’è una grande statua di san Tarcisio c’è un LECCIO con la chioma perfettamente sferica e un fusto con circonferenza di 4,50 metri circa.

Sul colle Aventino, dove si trova il “Buco della serratura dei Cavalieri di Malta”, all’interno del giardino ma ben visibile anche da fuori c’è un grande CEDRO DEL LIBANO. Nel Largo Cairoli c’è un grande TIGLIO. Lungo il viale delle Terme di Caracalla, nel Parco di Porta Capena si sono grandi LECCI e PLATANI.

Nel giardino di villa Sciarra, molto interessante anche per delle belle statue e fontane che vi si trovano, sono a dimora due grandi GINGKO, un CEDRO DEODARA, un PINO D’ALEPPO, un LECCIO e due FARNIE monumentali, oltre ad due PODOCARPI, conifere dell’Estremo Oriente che da noi sono rarità botaniche e per questo sono segnalati anche se ancora di dimensioni modeste. Contrariamente alle altre conifere che hanno aghi e pigne, o foglioline molto strette e corte, il podocarpo le ha relativamente più grandi, della dimensione simile a quelle dell’olivo ma di un verde brillante. Invece delle pigne ha delle bacche carnose. E’ molto resistente e vive bene anche come pianta da appartamento, cosa che le altre conifere non sopportano.

Oltre il GRA, in via Alvaro del Portillo, lasciando l’auto al parcheggio del centro sportivo, attraversando la strada e proseguendo a piedi per una cinquantina di metri, si vedrà nel mezzo di un campo una SUGHERA con la circonferenza del fusto di circa 4,50 m. Se ci si vuole avvicinare occorre avere ai piedi scarponi adatti ad affrontare il fango argilloso.

 A Tivoli, nel cortile del ristorante La Sibilla, prestigioso e antico pure lui, nel centro storico, c’è un GLICINE ultracentenario. E’ una pianta originaria del Giappone, portata in Italia nel settecento e amata per i suoi fiori lilla o bianchi, a grappolo, dal dolce profumo. Nel parco della Villa Adriana, antichi CIPRESSI hanno circonferenze dei fusti che raggiungono i cinque metri e OLIVI dalle belle forme e misure di tutto rispetto. Nel giardino di Villa d’Este ci sono antichi CIPRESSI di cui restano in vista i fusti e i rami contorti molto suggestivi .

A Palombara sabina, lungo la strada vicino al cimitero c’è un OLIVO che risulterebbe trimillenario. Ha foglie piccolissime, il tronco diviso in due e molto tormentato, una circonferenza di nove metri, ridotto dai dodici di alcuni anni fa, prima che un mezzo pesante ne asportasse un quinto. All’interno delle mura del cimitero, sul piazzale si trova un bellissimo LECCIO con circonferenza intorno ai 4 metri. Sulle colline, fra gli olivi si vedono molte belle QUERCE di cui una notevole, su cui l’edera ha circondato fusto e rami si trova in via Giovanni XXIII, vicino alla Coop. Un’altra FARNIA con circonferenza del fusto di 4,50 m., asimmetrica a causa della vicinanza della strada trafficata di Piedimonte è altrettanto bella.

A Genazzano nel parco degli Elcini, di fronte al Castello ci sono tre LECCI cavi e inclinati molto suggestivi e con la circonferenza dei fusti di circa 4m. ciascuno

A Monterotondo vicino all’ospedale, angolo via Faravelli c’è un LECCIO dall’amplissima chioma e il corto fusto inclinato dalla circonferenza di 3,80 m.

A Monterano Antica, città fantasma con rovine seicentesche in un bosco, all’interno di una chiesa scoperchiata c’è un FICO di circa duecento anni d’età

I Monti Lucretini, nel comune di Marcellina hanno come pianta endemica ed esclusiva lo Styrax officinalis e vari FAGGI, ACERI e QUERCE ultracentenarie di grande bellezza a Prato Favale. Fino a oltre ottocento metri di altitudine si arriva in auto ma poi solo a piedi in un percorso in cui si alternano pietre e fango per un’ora e mezza circa di cammino. Lungo la strada asfaltata, dopo il punto in cui ci sono bellissimi murales in bianco e nero sui silos di un ex cementificio e il muro di una ex miniera, sulla sinistra si trova una bellissima ROVERELLA col fusto di circa cinque metri di circonferenza e l’età di trecento anni circa.

Nel parco di Ostia Antica ci sono molti PINI DOMESTICI e CIPRESSI di grandi dimesioni e in ottima salute.

A Frascati,al di là del primo cancello della proprietà Falconieri, c’è un’audace QUERCIA ROVERELLA, di cui uno dei rami, prima che fosse tagliato, usciva attraverso le sbarre. E’ curiosa la sua posizione coricata, sostenuta da pilastri.

A Grottaferrata, lungo il viale che culmina con la bellissima abbazia di San Nilo, che sembra un castello, ci sono tre PLATANI enormi e cavi, di un’età che si può pensare in vari secoli e una circonferenza dei due più grossi intorno agli otto metri.

Ad Ariccia, nel parco del favoloso palazzo Chigi ci sono alberi tipici del Mediterraneo piantati nell’ottocento, ma anche delle SEQUOIE SEMPERVIRENS col fusto di circa cinque metri e mezzo.

A Velletri, in piazza Garibaldi due solenni PLATANI alti oltre trenta metri e di cui uno con la circonferenza del fusto di sei metri uniscono le chiome con un terzo sullo spartitraffico poco più sotto. A pochi metri di distanza, in via Dante Veroni un ALBERO DI GIUDA dal fusto avvitato come avviene spesso a questo genere d’albero, è in parte ricoperto da muschio e presenta funghi a mensola, segno che non gli resta lunga vita. Poco oltre, di fronte al Cimitero Monumentale c’è la Cantina Sperimentale nel cui giardino visitabile ci sono esuberanti ARAUCARIA BIDWILLI con la circonferenza del fusto di circa 4 metri,un PINO DOMESTICO di 5 metri e un AVOCADO di 4 metri, con un’ampia chioma asimmetrica. Nella stradina che sale di fianco al cimitero un grosso PINO DOMESTICO ha rami anche nella parte più bassa del fusto e non solo il tipico ombrello.

Ad Albano Laziale, nel giardino pubblico di villa Doria, tutto di sempreverdi, c’è un LECCIO davvero molto voluminoso nel corto fusto e negli ampi rami.