Vita di Pi
Il romanzo “Vita di Pi” di Yann Martel del 2001, racconta del naufragio nell’oceano Pacifico, di una nave su cui viaggiava una famiglia indiana con vari animali dello zoo di sua proprietà. Solo il figlio minore di sedici anni si salva su una scialuppa dove ha trovato posto anche una tigre del Bengala, che lui riesce a tenere a bada grazie alle sue conoscenze riguardo al comportamento degli animali selvatici, apprese dal padre direttore dello zoo.
La lettura è oltremodo avvincente non solo per quanto vi si svolge, ma per la descrizione del rapporto che si instaura fra l’umano e l’animale. Per riuscire a mantenere le distanze di sicurezza indispensabili a non essere aggredito, il ragazzo di nome Pi utilizza le strategie che l’intelligenza acuita dal terrore lo spingono ad attuare. Il pericoloso predatore selvatico e quello civilizzato obbediscono entrambi ai propri istinti, ma il secondo ha in più il vantaggio di attingere a delle conoscenze che gli permettono di sfuggire a quella che altrimenti sarebbe la morte sicura e immediata. Riesce così anche a difendersi dalla disperazione della solitudine assoluta.
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