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Crochi da zafferano: saporiti fiori d’Ottobre

by in Alimenti, Italia inconsueta, Piante, giardini, parchi
foto da Wikipedia

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Ci sono piante che riposano più a lungo delle altre, perché hanno meno bisogno di produrre giornalmente il loro cibo, per sopravvivere. Le sostanze nutritive le mettono da parte in una borsa ben nascosta sotto terra, in un tubero come la patata o in un bulbo come la cipolla, l’aglio, il croco. Sono autonome al punto da poter essere estratte dal terreno senza morire. Certi crochi fioriscono a primavera, colorando i prati con fiori gialli o lilla, ma se lo fanno in autunno, sono probabilmente i crochi da zafferano. Questa spezia era stata privilegio dell’Asia Minore, fino a che la fama delle sue qualità l’ha fatta conoscere man mano nell’antico Egitto, in Grecia, a Creta, dove veniva usata per insaporire i piatti, ma anche per tingere i tessuti e i capelli, curare la pelle e i nervi. Possiede, infatti, eccellenti qualità antiossidanti, preziose per l’organismo. Gli arabi, che ne avevano imparato il nome sahafaran dai persiani, ne hanno importato i bulbi per la coltivazione in Spagna e in Sicilia e nel tredicesimo secolo, quando è stata fondata la città dell’Aquila, i bei fiori sono arrivati in Abruzzo. Hanno trovato il terreno e il clima migliori sugli ottocento metri di altitudine, dove il suolo carsico evita qualunque ristagno d’acqua.

 

foto da Wikipedia

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Aspettano la primavera nei magazzini, mentre il terreno viene concimato, ma resta vuoto fino ad Agosto, quando i bulbi sono messi a dimora nei solchi. Con le prime piogge di settembre si risvegliano, stirando le prime foglie, respirando l’aria fresca, gonfiando l’unico bocciolo che aprono ad Ottobre, con sei petali lunghi, dal bel colore viola. Al mattino presto, le donne colgono velocemente i fiori e, poco più tardi, ne estraggono tre filamenti rossi, la parte femminile e pregiata. Sono subito messi a seccare su un setaccio, al calore di braci di nocciolo, di mandorlo o di quercia roverella. Quando dopo venti minuti il loro peso si riduce ad un sesto, vengono polverizzati: per un chilo, ci vogliono duecentomila fiori. La città dell’Aquila e poi altre della regione, devono i loro più begli edifici storici alla ricchezza conquistata col commercio dello zafferano, che col tempo ha trovato nella Germania i più grandi estimatori. In quei tempi i ricchi profumavano i guanciali con la sua polvere per dormire meglio e i pittori lo usavano per dipingere, ma chi lo adulterava veniva punito con la morte. Nel ventesimo secolo è stata la rivalutazione dei prodotti locali di pregio, a ridare impulso alla coltivazione dei crochi e a dare una bellezza rara ai campi autunnali, anche in Toscana, nelle Marche e nell’Umbria.

I crochi che fioriscono a Febbraio/Marzo tappezzando i prati che si risvegliano, offrono uno spettacolo che nutre lo spirito. Al giardino di Boboli a Firenze, alla villa Bozzolo di Casalzuigno (VA) e in molti altri luoghi si possono ammirare ogni anno.

 

crochi fioriti alla villa Bozzolo di Casalzuigno (VA)

crochi fioriti alla villa Bozzolo di Casalzuigno (VA)