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Museo della canapa di sant’Anatolia di Narco (PG)

by in Musei della natura e dell'uomo, Piante, giardini, parchi

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I cordami e la stoppa sono i prodotti più rustici e resistenti che si possono ottenere dalla robusta canapa. La fibra di questa pianta di origine asiatica, che da secoli si è diffusa ovunque, una volta filata e sbiancata con la lisciva si può tessere per farne abiti, lenzuola e coperte, come quelle che si vedono nel museo.

Nelle sale del bel palazzo in pietra che era sede del comune e adesso è sede del Museo della Canapa se ne trovano le piante disseccate e gli attrezzi da lavoro, tra cui i para-dita ottenuti dalle canne palustri, con cui gli uomini si proteggevano durante il raccolto. Poi si vedono man mano gli strumenti che servivano alla filatura e alla tessitura, fino ad arrivare alla collezione di stoffe che, nel passato più lontano, erano realizzate dagli uomini.

 

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La Cannabis sativa si semina a primavera e cresce con grande rapidità. Verso luglio le piante maschio, alte poco più di un metro, fioriscono e disperdono il polline, poi muoiono e vengono estirpate per lasciar meglio sviluppare le femmine, che possono raggiungere i cinque metri di altezza nelle due settimane che restano loro prima di fiorire, essere fecondate, fare i semi e morire. Allora le si tagliano, perché parte dello stelo e delle profonde radici lascino alla terra le sostanze nutrienti per un buon raccolto nell’anno successivo. Sono piante che non chiedono molta cura e con la loro foga di crescita impediscono alle infestanti di svilupparsi.

Lungo il fiume Nera, che si unisce al Velino sotto la vicina cascata delle Marmore, c’erano i campi e i punti dove le piante, dopo qualche giorno di essiccazione, venivano messe a macerare in acqua, ammorbando l’aria con la puzza della parte non fibrosa in decomposizione. Finalmente si toglievano dall’acqua e si lasciavano seccare, prima di lavorarle con la gramola, che separava la parte legnosa dalla fibra da cardare, filare e infine tessere.

 

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la filatura nel museo della canapa

 

Con le fibre si ottiene carta di alta qualità, i semi sono ottimi per sapore e valori nutritivi e si possono mangiare come tali o macinati. Se ne può fare anche un olio per saponi e colori, ma le sue qualità medicinali lo rendono importante per cure di tipo neurologico. E’ stato usato come combustibile per i motori diesel, prima del proibizionismo iniziato negli Stati Uniti negli anni 30 del ventesimo secolo, per motivi che avevano poco a che vedere con il potere allucinogeno della cannabis, preso a pretesto. Con le fibre ricche di cellulosa, infatti, si poteva fabbricare una plastica più resistente ed efficace di quella ottenuta dal petrolio, che rischiava di perdere il potere e i guadagni dei petrolieri, appena conquistati. La canapa è tanto resistente da essere stata la fibra usata per fare la tela olona, tradizionalmente usata per le vele da navigazione.

Per fortuna adesso questa pianta si sta rivalutando, anche perché si adatta a terreni difficili e si può usare nell’edilizia sostenibile per l’isolamento termico e acustico, per farne mattoni leggeri e resistenti anche a muffe e batteri.

 

A un chilometro di distanza dal Museo della canapa si può visitare anche la bella abbazia romanica di San Felice, mentre pochi chilometri più a sud si arriva alla Cascata delle Marmore.

 

In tutta la provincia ci sono alberi monumentali che vale la pena di vedere.

Per chi vuole anche un pranzo a base di canapa occorre andare a Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena. Il ristorante Il Convito di Curina, in collaborazione con Assocanapa, propone un menu in cui usa l’olio, la farina e le foglie di Canapa sativa coltivata vicino al ristorante. Le qualità nutrizionali e curative di questa pianta sono notevoli, degne di una cucina di alta qualità.

 

 

 

http://www.museodellacanapa.it