Castagno, risorsa alimentare, sicurezza anti-frane, opportunità di lavoro
A giugno le grandi infiorescenze color giallo chiaro del castagno, sono come fuochi d’artificio che ronzano di api.
Fino a cinquant’anni fa, i boschi di castagno erano ancora i frutteti più utili, che davano cibo nutriente per tutto l’anno. Le castagne si mangiavano arrostite, bollite e nei tanti modi con cui si potevano cucinare dopo essere state macinate in farina. Ci volevano quaranta giorni per seccarle al fuoco lento dentro i metati, come si chiamavano gli essiccatoi che c’erano dappertutto nei paesi. Allora la gente non sapeva cosa fosse il potassio, che aiuta il corpo nello sforzo fisico, né le proteine che sviluppano e irrobustiscono, ma chi si nutriva di castagne e del miele che le api ne elaboravano, ne sentiva gli effetti più di chi mangiava altro cibo.
Il castagno si fa alto fino a 30 metri, robusto e longevo, col suo bel tronco scanalato che si allarga nonostante con l’età, che può oltrepassare i 1000 anni, diventi cavo. Il legno più vecchio al suo interno, non resiste alle intemperie e si sbriciola diventando buon terriccio per i giardini. Vicino ai castagni nascono i funghi porcini o gli ovuli, con cui scambiano sostanze utili.
La selezione artificiale ha prodotto le piante di marroni, con frutti più grossi. I loro fiori maschili, però, non sono sufficienti ad impollinare quelli femminili ed hanno bisogno della presenza di castagni più spontanei fra di loro, per questo scopo.
Con la loro corte di funghi, lombrichi, insetti, uccelli e piccoli mammiferi, assicuravano una vita dignitosa a popolazioni intere finché, a metà Ottocento, si sono aperte le prime fabbriche di tannino, per conciare le pelli e tingere di nero la seta. Allora molti boschi sono stati tagliati perché dal legno venisse estratta quella sostanza, che anche le industrie farmaceutiche richiedevano per certi medicinali. Così, l’attrattiva di un guadagno immediato ha fatto perdere il sostentamento necessario ad una vita intera. La fame ha costretto allora molti contadini ad emigrare.
Quando l’Italia si è ripresa dall’ultima guerra e le città con la loro ricchezza hanno fatto abbandonare i boschi, i castagni trascurati si sono ammalati di cancro della corteccia e del mal d’inchiostro, che già avevano fatto danni fin da un secolo prima. I funghi maligni e i batteri che portano queste malattie, passando dalle ferite nel legno ma anche nel terreno abbandonato, ne hanno fatti morire a migliaia.
Eppure, i castagni crescono anche su pendii così ripidi che nessuna coltivazione di cereali sarebbe mai possibile. Non hanno bisogno di concime, di irrigazione né di falciatura. Mantengono ben saldo il terreno con le profonde e lunghe radici. Stabilizzano il clima, danno ombra d’estate e bellezza tutto l’anno. Sono i migliori alleati di ciascun vivente e agli uomini bisogna ricordarlo.
Recuperare i castagneti potrebbe dare lavoro e cibo nutriente, contrastare le frane, ridurre i danni delle alluvioni e il pericolo d’incendio. Ma occorre dare una buona formazione ai candidati per un simile lavoro, in modo che possa essere svolto nel migliore dei modi. Per conoscere le attività di promozione del castagno, un indirizzo utile è www.cittadelcastagno.it
Castagni monumentali si trovano ovunque in Italia, oltre i 300 m. di altitudine fino ai 900 circa. Segnalo, oltre a quelli delle foto nell’articolo, Bioglio (BI), Grosio (SO), Montarioso (SI), Camaldoli (AR), Palazzuolo sul Senio (FI), Santa Lucia (RI), Grisolia (CS), Mascali e sant’Alfio (CT). Potrete trovare le indicazioni su come raggiungerli, andando su questo sito alla sezione Alberi Monumentali, al primo posto nel menu di sinistra, dove tutte le regioni hanno gli alberi di tutte le provincie, in ordine alfabetico.
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