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Cicogne d’Italia

by in Animali

cicogne dell’Oasi naturalistica di Fagagna (UD)

 

Alla fine dell’estate molti uccelli migrano in stormi verso i Paesi caldi, ritrovandosi prima della partenza fra gli alberi, che risuonano a lungo delle loro voci e del frullare delle loro ali. Se ne vanno non tanto per sfuggire al freddo ma perché durante l’inverno nelle zone temperate viene a mancare il cibo di cui si nutrono. In Italia nel dopoguerra, con l’espandersi a dismisura delle città, delle industrie, delle strade e dell’inquinamento, le condizioni per fermarsi di nuovo a primavera a fare il nido erano scoraggianti per molti uccelli che era bello vedere, come le cicogne. Preferivano altri luoghi più moderati e tranquilli. Per questo sono state create delle riserve dove potessero ritrovare la calma e il cibo indispensabili a convincerle che sono benvenute a tal punto da procurare loro nutrimento e riparo anche in inverno. Così ormai in più punti nelle campagne italiane le possiamo vedere sui pali e sui comignoli anche quando fa freddo.

Le cicogne non cantano né gridano, ma qualche volta sibilano e fanno un suono di nacchere col becco, rovesciando il collo all’indietro per salutare il compagno di tutta una vita, che per quelle migranti arriva primo dal lungo viaggio di ritorno in Europa. A primavera le grandi cicogne bianche rientrano dall’Africa dove hanno passato l’inverno, aiutate dall’aria tiepida della terra che si sta riscaldando di nuovo e sale verso l’alto, sostenendole nella lunga traversata. Sopra il mare ancora freddo, passano solo agli stretti di Gibilterra o dei Dardanelli, dove si interrompe per poco la corrente di aria riscaldata che allevia la fatica delle ali. Sono accolte con benevolenza, come simbolo di buona fortuna, anche perché mangiano i serpenti.

 

cicogne e ibis eremiti, residenti nell’Oasi di Fagagna UD – pittura murale sulla cabina dell’Enel, di Maurizio Forestan

 

In passato si diceva che fossero loro a portare i bambini ai genitori perché nelle case dove un figlio era appena nato si riscaldavano le stanze che ancora non avevano assorbito abbastanza sole ed era sopra quei comignoli caldi che le cicogne preferivano posarsi e poi fare il nido.

In quei tempi si diceva anche che i bambini nascevano sotto i cavoli perché i matrimoni in campagna si celebravano in inverno, quando i contadini avevano più tempo libero e molti concepimenti avvenivano nei primi mesi dell’anno, con nascite autunnali, quando si raccoglievano i cavoli, che, come i bambini, ci mettono nove mesi a svilupparsi. Questa verdura dalle notevolissime virtù, era l’unica a poter essere consumata nella stagione fredda, perché si raccoglie a Novembre e si conserva bene. La cura dell’orto era affidato alle donne che a Marzo, con un punteruolo facevano un buco nel terreno per mettervi il seme di cavolo. Levatrici erano chiamate quelle che recidevano il suo cordone ombelicale con la terra.

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