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Museo del minatore e cavatore di Vellano (PT)

by in Musei della natura e dell'uomo

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Le case di Vellano, strette le une alle altre su un cocuzzolo a seicento metri di altitudine, sono state abitate per secoli dai cavatori della grigia pietra serena estratta nei dintorni, dove il verde degli alberi adesso ha coperto le ferite della montagna. Si estrae ormai nell’unica cava rimasta, la pietra arenaria usata principalmente per le parti architettoniche a cui si vuole dare rilievo: portali, cornicioni, profili di finestre, come si vede nel palazzo degli Uffizi di Firenze. All’arrivo del freddo, gli uomini che la estraevano e la lavoravano cercavano alternativa nelle miniere di carbone o altro, spesso all’estero, mettendo a frutto la stessa perizia manuale e usando in parte oggetti utili in entrambe le attività. Attrezzi e utensili si ritrovano oggi nelle tre stanze del piccolo museo antropologico, dove occupano ogni spazio sugli scaffali.

 

Ascensore di antica miniera – stampa del museo

 

Publio Biagini li ha raccolti e disposti insieme a un buon numero di minerali trovati nelle cave, nelle miniere o nei fiumi, come le sfere di selce di Valmalenco, l’ossidiana arancione, verde, o nera, a seconda della sua provenienza, il grande uovo di septaria del Reno, generato dal riempimento di un vuoto in antiche argille, con materiali vari che poi si sono compattati per effetto della pressione.

Vengono da varie parti d’Italia e del mondo anche gli oggetti necessari ai minatori di carbone quanto ai cercatori d’oro. Così si vede un piccolo crogiolo per fondere il prezioso metallo che, per resistere alle alte temperature, era realizzato con il carborundum, un composto ottenuto con una miscela di coke granulato e sabbia quarzosa a cui si aggiungono segatura e sale. Il risultato è molto bello a vedersi, oltre che resistentissimo.

 

carborundrum

carborundum

 

Si trovano poi molti oggetti utili alla vita quotidiana come le lanterne, i bricchi, le borracce, ma anche il bollitore per ghiande, dato che un tempo si mangiavano e se ne faceva anche farina per il pane.

Alcune carrube ormai secche ricordano, però, un modo crudele per ridurre i muli a docili e autonomi lavoratori di miniera, una volta diventati ciechi per un eccessivo nutrirsi di quel dolce alimento che li faceva ammalare di diabete.

Così, anche nel museo che meno sembra avere a che fare con la natura, la si ritrova continuamente perché ogni cosa, prima di essere lavorata dall’uomo, è stata elaborata da lei.

 

A pochi chilometri di distanza, a San Martino in Colle c’è una delle querce più belle e antiche della Toscana. Continuando si trovano gli straordinari giardini delle ville lucchesi, con alberi secolari di qualità e quantità notevoli.