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Olmo che fiorisce due volte

by in Piante, giardini, parchi
frutti dell'olmo, simili a fiori verdi

frutti dell’olmo, simili a fiori verdi

 

L’olmo, che un tempo era uno degli alberi europei più diffusi, è stato quasi sterminato da una malattia, la grafiosi, portata da un coleottero americano che scava gallerie sotto la corteccia e favorisce il propagarsi di un fungo micidiale che occlude dei capillari da cui passa la linfa.

Il tronco dell’olmo campestre sorreggeva le viti che ogni contadino coltivava e che diventavano, così, “maritate”. L’ombra delle sue foglie non disturbava la maturazione dell’uva, perché erano continuamente date in pasto agli animali, dato che sono molto nutrienti. Piccole e seghettate, erano usate per curare le malattie della pelle, allo stesso modo della corteccia. Sono belli i fini ramoscelli secondari, che pendono come quelli dei salici piangenti o delle betulle. D’inverno, quando sono spogli, la galaverna li ricopre e l’albero sembra avere lunghi capelli argentati. Ha radici estese, di media profondità, che si associano a quelle di altri olmi.

 

Il più bel regalo, però, l’olmo lo fa al suo risveglio dal letargo invernale, quando sembra fiorire due volte. La prima a fine inverno, con fiorellini rossi così delicati che sembrano di tulle. La seconda poco dopo, quando i frutti già maturi ad aprile, simili a coriandoli di carta velina che trattengono al centro il loro piccolo seme, sono disposti come le corolle di grandi fiori di un verde fresco. Ben presto se ne volano via leggeri, a portare la loro grazia in un terreno che sperano accogliente. Quando sono ancora verdi si possono mangiare come insalata.

Impacchi dei suoi germogli guariscono le ulcere delle ferite, pare anche quelle della lebbra. Per questo spesso si piantavano olmi accanto alle chiese dedicate al guerriero San Michele arcangelo. Il legno dell’olmo è tanto resistente all’umidità che si usava per le pale dei mulini ad acqua e i pilastri delle palafitte. Anche Venezia, insieme ad ontani e larici, deve agli olmi la forza delle sue fondamenta acquatiche.

Tratto dal mio libro ALBERI DELLA CIVILTA’

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