Canne e cannucce: amiche dell’acqua
Di graminacee è pieno il mondo. Alla loro famiglia appartengono molte erbe dei prati, i cereali che mangiamo, la canna da zucchero, la canna palustre ed il più robusto bambù. Si riconoscono tutti dal fusto cavo, con noduli da cui si slanciano all’infuori le lunghe foglie simili a penne d’uccelli e culminano nei casi delle canne e delle cannucce, con infiorescenze che dopo la fecondazione da parte del vento, diventano piumosità, spesso di colore rossiccio. Quanto più sono grandi, tanto più amano stare nell’acqua o nelle sue vicinanze, partendo dalla canna domestica, la Arundo donax, alta fino a cinque metri, che cresce nei fossi, nelle paludi, in zone dal clima mite. In inverno ingiallisce e sembra morta, ma in primavera le spuntano foglie nuove, robuste e numerose. I fitti rizomi da cui si innalza, consolidano i terreni molli dove cresce e purificano l’acqua in cui portano e mantengono l’ossigeno, che col calore sfuggirebbe e rimane invece, rinfrescata, all’ombra dei fusti. Con loro si facevano i flauti, fra i più antichi strumenti musicali, usati anche dai pastori. Un po’ ovunque servivano per costruire capanne e cannicciato per i soffitti, graticci, piccoli mobili, oppure si schiacciavano per farne carta. I rizomi di canne e cannucce sono commestibili, così come i loro germogli.
Più piccola e sottile, ma di aspetto simile alla canna è la cannuccia di palude, la Phragmites communis, che spunta anche dove fa più freddo, lungo gli argini dei fiumi e dei laghi, anche lei con lunghe foglie simili a penne d’uccelli un po’ taglienti, perché contengono silice. Mantiene saldi gli argini di torrenti e fiumi dove vive e rallenta la corrente dell’acqua, pericolosa soprattutto durante le piene. La fanno crescere spesso nelle pozze dove si depurano le acque di scarico, anche delle singole case o fattorie. Ai tempi dell’antica Roma, la cloaca massima sfociava nelle paludi pontine, piene di canne e cannucce, di salici e di pioppi che lavoravano tutti al suo risanamento, depurando le acque coi rizomi e le radici. Oggigiorno si sfrutta questa loro capacità per la fito-depurazione che si può fare ovunque manchi un impianto fognario.
Lungo i margini delle strade o dei campi di mais, che per crescere bene ha bisogno di molta acqua, vive una cannuccia che apprezza l’umidità, pur tenendosi in piena terra. È la cannareccia o Sorghum halepensis, dalle foglie con una larga striscia chiara nel mezzo, come quelle del mais a cui assomiglia, pur essendo ben più esile. Somiglia moltissimo alla cannuccia di palude ma il verde delle sue foglie è più intenso e la striscia chiara del rachide la distinguono. Se trova un campo abbandonato, lo occupa per intero. È un’ infestante, con una finissima seghettatura sui bordi delle foglie, buona come foraggio.
Ancora più piccola è la festuca, erba che emerge nei prati in grandi, rigogliosi ciuffi.
Più bassa di tutte è la gramigna, dalle delicate infiorescenze filiformi disposte a raggiera, che si inturgidiscono in spighette quando portano i semi, È una pianta dalle molte virtù, ma odiata come infestante difficile da sradicare, perché ha una fitta rete di rizomi robusti con radici profondissime. Proprio questo la rende adatta a consolidare i pendii, anche perché resiste molto bene al calpestio e alla siccità. Gli infusi di gramigna sono eccellenti per depurare le nostre vie urinarie.
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