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Frutti di campo di belle forme

by in Piante, giardini, parchi

frutti di Abutilon theophrastus – foto da Amigos para siempre

 

Ai margini di un campo di mais, ancora inviolato a metà ottobre, una pianticella dall’aspetto disordinato, alta non più di mezzo metro e con le foglie ormai esauste, rivolge intorno a sé i piccoli frutti neri. A guardarli bene dimostrano grazia nella piccola coppa di carta vellutata larga tre centimetri, con le piccole teche vuote dei semi che formano una stella dai tanti raggi sottili. E’ una Abutilon theophrasti, pianta cinese installata ormai ovunque sui bordi dei campi di granoturco e considerata infestante da tutti quelli che non ne mangiano i semi a forma di cuoricini o le foglie morbide, piacevolissime al tatto, e non ricavano fibre dai suoi fusti, come fanno gli asiatici. Il nome comune con cui è chiamata alla maniera toscana, cencio molle, dimostra la sufficienza con cui la allontanano dalla categoria delle piante utili o almeno belle. Eppure le sue foglie vellutate, a forma di cuore come i semi, i fiori color arancio e ancora di più i frutti, hanno una loro avvenenza. Dicono che abbia viaggiato nel mondo attaccandosi alle pale delle macchine sgranatrici del mais, con cui condivide le affinità in fatto di terreno e di clima, così da maturare i suoi numerosissimi semini nelle stesse settimane delle grandi pannocchie.

 

Amaranthus caudatus – foto da Wikipedia

 

La si può trovare vicino a qualche pianta di amaranto, che le fa compagnia come ospite casuale arrivato dall’America latina e dalle zone himalayane, destinato su questo bordo di campo ad essere ignorato o estirpato nonostante le sue alte qualità nutrizionali persino nelle foglie, oltre che negli innumerevoli semini. La parola greca amaraino del suo nome, latinizzato in amaranthus, significa “non appassisce” perché le infiorescenze rimangono immutate dopo la fecondazione e pur perdendo di vivacità il rosso rimane a lungo anche dopo averle colte. L’uso antichissimo della pianta messicana è stato represso dai conquistatori per i suoi profondi significati culturali ma è tornato in voga negli anni sessanta del novecento. Alle tante varietà che in certe specie è monoica e in altre dioica (con sessi distinti) hanno attribuito aggettivi curiosi come: “cruentus” per quella dalle infiorescenze disposte in modo da sembrare in fiotto di sangue che esce da una grave ferita; “caudatus” molto ornamentale, simile a una coda di mammifero peloso, “hypocondriacus” per il portamento che può suggerire tristezza.

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