Castelli di Cannero (VA)
Quando dalla spiaggia di Maccagno (VA) si guarda il lago Maggiore davanti a sé, l’impressione è quella di trovarsi nel suo punto più largo, tanto le rive appaiono lontane. Non molto distanti sembrano essere, invece, due isolotti (che sono tre) con rovine di antichi edifici. Il carattere incantatore del Verbano riesce il suo effetto più forte proprio qui, intorno ai castelli di Cannero, marchiati dal ricordo dei corsari Mazzardi.
Più di 600 anni fa, i cinque fratelli si erano impossessati del maniero che apparteneva ai Visconti ghibellini e ne avevano fatto il loro rifugio. Imperversavano con rapimenti e rapine contro i guelfi della zona, sostenuti dai signori di Milano che, solo dopo molti anni, li avevano scacciati. Il palazzo sull’acqua era stato abitato più tardi dai Borromeo, ma presto abbandonato ai contrabbandieri e ai pescatori. Quando un falsario vi aveva coniato il denaro dei Mandelli di Maccagno, il legame della cittadina con gli isolotti aveva preso una forma più concreta.
Maccagno, nel punto più stretto del Verbano, dall’estremità del golfo che la porta in mezzo al lago, guida la vista nel senso della lunghezza, così che i castelli risaltano sull’orizzonte lontano. Da Luino, invece, che li ha proprio di fronte, non si notano neppure, schiacciati contro la riva piemontese dalla visione troppo diretta.
Il cambiamento del punto di vista, che fa mutare aspetto alla realtà rendendola sfuggente nelle mani degli uomini, ma anche aperta a nuove soluzioni, offre qui un’occasione illuminante, una possibilità di capire attraverso le forme, la sostanza delle cose.
Gli sguardi umani, che dalla riva tendono verso le isole i fili delle fantasie, di cui raramente conoscono il potere e delle illusioni che ogni giorno li fanno cadere, sono accolti dalle ali aperte dei cormorani mentre le fanno asciugare, appollaiati insieme ai gabbiani sui profili delle rovine scoperchiate, come piccole sculture sacre.