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MUSEI DELLA NATURA E DELL’UOMO – Sardegna e Sud

by in Arte e cultura, Musei della natura e dell'uomo
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capanna di pastori con tronchi di ginepro

 

In Sardegna, a Carbonia c’è il museo della miniera, dove ci si può rendere conto non solo del modo di vivere e di lavorare dei minatori e delle loro famiglie, ma si imparano aspetti interessanti che riguardano la chimica e la fisica.

A Bitti c’è un museo delle tradizioni contadine in antiche case dalle travi di ginepro ed i soffitti di canne palustri. Il robustissimo ginepro, inattaccabile dai tarli e dal marciume è molto diffuso nelle leccete di cui è ricca la Sardegna: è usato anche per il tetto conico delle capanne dei pastori. Nelle case si usava il sughero (vedi fra gli itinerari naturalistici della Sardegna) per fare grandi vassoi in cui mettere i cibi, secchielli per fare lo yogurt, bugni per le api (le arnie, prima che si facessero quelle squadrate coi telaietti estraibili), sgabelli per sedersi intorno al fuoco in una fossa del pavimento o alla minuscola tavola bassa. Le querce da sughero sono ovunque in quella zona, per molti chilometri dove si vedono quasi tutte con la parte bassa del tronco privata della bellissima corteccia riccioluta, che ci mette 10 anni a riformarsi. Nei primi mesi dopo che è stata tolta, il tronco rimane di un colore rosso bordeaux molto intenso e bello. Vale la pena di andare a visitare la zona archeologica di Romanzesu, a 13 chilometri da Bitti, dove il suggestivo luogo di culto è reso incantevole dal muschio e dai licheni che rivestono le pietre w dalle sughere che li circondano in un insieme toccante. In inverno i toni di verde sono magnifici.

Sempre nel museo di Bitti ci sono due stanze dedicate al canto dei famosi tenores sardi, coi loro canti pastorali a quattro voci.

Nel museo della civiltà contadina di Santu Lussurgiu, tra le tante cose si viene a sapere che la ferula, pianta che assomiglia al finocchio, produce un lungo, robusto fusto cilindrico e legnoso in cima al quale sbocciano i suoi fiori. Il fusto con la radice rizomatosa, una volta seccato veniva usato come primitivo cavallino giocattolo dai bambini. A carnevale c’è una corsa che ancora i piccoli fanno con simili cavalcature. Un impiego pratico era anche quello di farne sgabelli. Dato che il midollo si può far bruciare dentro il fusto, la mitologia antica dice che Prometeo avesse rubato il fuoco a Giove portandolo dentro un fusto di ferula. Nel passato storico era usata per bastonare gli alunni. Ferula è anche il nome che indica un bastone liturgico che termina con una sfera, perché ricorda la pianta che forse era usata originariamente.

Nel museo del vino di Berchidda si conoscono le applicazioni del sughero, che può essere tagliato in fogli tanto sottili, eppure robusti, da poterci confezionare il costume dei maestri vinai.

Altro museo etnografico interessante è quello di Aritzo, dove si scopre un modo ingegnoso per realizzare i sorbetti fatti con acqua, zucchero e succo di limone. Il ghiaccio messo nel secchiello in cui era immerso il contenitore del sorbetto, veniva sciolto cospargendolo di sale. In quel modo, pur conservando la bassissima temperatura avvolgeva completamente il contenitore con effetto di raffreddamento veloce. Nelle sale ci sono poi molti oggetti che aiutano a conoscere certe qualità dei vegetali, come il potere calorifico delle radici d’erica o quello affumicante del fungo “isprene” per allontanare le api.

 

SUD

Quando ci si trova a Matera, nel complesso delle interessanti case/grotte se ne trovano due arredate come nel passato, dove si vede che, come avveniva in molti altri luoghi tra cui la Valle d’Aosta, l’asino e magari anche la mucca vivevano in casa, in un angolo riservato con accomodamenti igienici tipici della stalla. In questo modo gli animali erano al sicuro e in inverno contribuivano al riscaldamento dei locali col calore del loro grande corpo

In Sicilia, vicino a Modica si trova la cava di Ispica, con grotte abitate anticamente. Nei pressi si trova un mulino ad acqua con ruota orizzontale, secondo l’uso arabo. Si visita anche la casa con gli oggetti usati comunemente dai contadini siciliani, tra cui i para-dita per falciatori, fatti con canne palustri.