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Museo di Storia Naturale a Milano

by in Musei della natura e dell'uomo

diorama della barriera corallina

 

I bassorilievi floreali di epoca Liberty dei palazzi signorili milanesi, circondano il parco romantico di Porta Venezia in cui dal 1952 si trova il Museo di Storia Naturale, ricostruito dopo l’ultima guerra.

Al primo piano, la bellezza di grandi diorami che ricreano l’atmosfera degli ambienti tropicali, con alberi, fiori, torrenti, nella penombra in cui si mimetizzano gli animali, stupisce e coinvolge. Ci si può illudere di essere arrivati via mare e di essere ancorati a prudente distanza dal frammento di barriera corallina ricostruito qui fra le tartarughe e lo scheletro di capodoglio. Ci si può credere in un mangrovieto, passando indenni fra le acque infide della costa simulata dietro la vetrina, di cui si ha il privilegio di vedere il sopra e il sotto della linea che separa il mondo dei pesci da quello degli uccelli. Fra i grandi alberi delle foreste pluviali dell’Indonesia, della Malesia, dell’Africa centrale e del Costa Rica, insetti, uccelli, mammiferi sono rappresentati in una vicinanza consentita solo dall’artificio.

Bastano pochi passi per trovarsi negli ambienti temperati, poi in quelli freddi e vedere da vicino gli animali che ben pochi riusciranno mai ad osservare dal vero, dove vivono in libertà e si nascondono.

 

Diorama della foresta

 

Al piano terreno gli scheletri dei dinosauri davanti a sfondi dipinti di una flora che forse li circondava quando erano in vita, si direbbe che passeggino. Poi si conosce il mondo umano e i tanti modi con cui ha saputo trarre vantaggio dalle risorse naturali, ne ha imitate le geniali invenzioni, le ha distrutte o coltivate.

Vale la pena di tornare più volte nel museo, per apprezzare con sufficiente attenzione la grande quantità e bellezza di quanto è esposto, oppure attrezzarsi per passare alcune ore senza che l’interesse per ciò che qui si può imparare, cali per stanchezza.

Dai finestroni lo sguardo si immerge nel parco dedicato a Indro Montanelli, con alberi messi a dimora in gran parte nella seconda metà dell’ottocento, quando lo stile romantico detto “all’inglese” aveva sostituito quello geometrico dei giardini. Il movimento, il colore, il mistero delle foreste incantate si poteva ottenere al meglio dagli alberi originari soprattutto dall’Asia e dall’America, dove molti botanici, esploratori e colonizzatori dei secoli scorsi avevano viaggiato. Fra i giganti stranieri, quelli che si impongono anche per la morbida bellezza del loro fogliame piumoso sono i Taxodium disticum, detti Cipressi di palude, tassodi, o cipressi calvi. La loro chioma vaporosa, di un verde chiarissimo fino all’autunno, quando prendono un colore rosso fulvo molto intenso, la loro grande altezza, gli pneumatofori delle radici, li rendono inconfondibili. Sempre vicini all’acqua, che è l’elemento caratteristico delle paludi della Florida da cui provengono, per far respirare le radici ed evitare che marciscano, elevano tanti pinnacoli legnosi, alti qui fino a mezzo metro, che li fanno sembrare piccole folle di nani intorno ai giganti. Il museo continua qui, dove l’artificio umano c’è, ma si vede meno.

Sarà interessante fare il confronto fra questo straordinario museo tradizionale e l’impostazione all’avanguardia di quello di Trento