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Pietragalla dei palmenti (PZ)

by in Italia inconsueta

palmenti di Pietragalla (PZ)

 

Tutt’a un tratto, dalla comoda strada diritta o quasi fra le colline, venendo da Gravina di Puglia, si sale con pendenze che a momenti sono vertiginose. In certi punti la carreggiata sembra divincolarsi e si torce, fino a che si raggiungono i circa ottocento metri di altitudine di Pietragalla, in provincia di Potenza. Le prime costruzioni che ci si trova davanti sono i palmenti. Se dietro di loro, poco più in alto non ci fossero dei condomini e le case di mezza montagna, si avrebbe l’illusione di trovarsi in un antico villaggio dei Paesi nordici, con le abitazioni dai muri di torba e i tetti verdi dell’erba che cresce rigogliosa sopra un materasso di terra, isolandole dal freddo. Ricordano anche quelle che costruisce oltralpe chi vuole vivere in maggiore sintonia con l’ambiente naturale e vengono dette “da hobbit”, i personaggi creati dalla fantasia di Tolkien che vivono in casette simili a queste. Forse chi viene qui lo fa anche per lasciar fare alla propria mente il primo passo verso quel tipo di abitazione che ancora non osa realizzare. Ma i palmenti di Pietragalla sono troppo piccoli per essere case. Sono stati costruiti per fare il vino, dopo aver vendemmiato nei vigneti che si trovano più in basso.

 

vasche interne dei palmenti

 

Si chiamano palmenti, dalla parola latina “paumentum” che indica l’atto del pigiare, in una sola vasca dentro i più piccoli, in più vasche dentro quelli più grandi, dove lavorano due o più famiglie. Scavati nel tufo, dove gli invasi più profondi accolgono il mosto per la fermentazione, parti delle pareti e il tetto, che spesso è una volta a botte, sono fatti con le pietre cementate fra loro. Sulla terra con cui vengono ricoperti cresce l’erba fra cui a primavera fiorisce il tarassaco e sui bordi più asciutti si spande il rosa del sedum, dalle foglioline che sembrano chicchi di riso. Solo qui a Pietragalla, non si sa bene quando, ma soprattutto da metà ottocento, facendo tesoro delle risorse locali si sono costruiti più di duecento palmenti tutti rivolti a sud, perché il calore del sole, immagazzinato e restituito dalle pietre, favorisse la qualità della bevanda che dà il buonumore ancora prima di sorseggiarla, quando la gente lavora insieme e insieme festeggia la conclusione dei propri sforzi. Un po’ alla volta, però, sono stati abbandonati per utilizzare mezzi e luoghi più moderni. Solo una famiglia ne fa ancora uso e si adopera perché i numerosi visitatori possano apprezzare questo che è diventato un parco di architettura rupestre, di cui qui possono essere orgogliosi.

Altri articoli sulle architetture rurali di qualità si trovano nella stessa rubrica Italia inconsueta

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