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Alberi monumentali del Piemonte, provincia di Biella

by in Alberi Monumentali, Piemonte
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cedro di Biella

 

Il parco pubblico di Biella, in centro, con un opportuno ufficio di informazione turistiche, ha diversi begli alberi a dimora dal 1876, quando è stato iniziato. Fra loro un IPPOCASTANO di perfetta bellezza, il cui tronco di circa 3 metri di circonferenza è circondato alla base da una panchina. Nelle vicinanze ci sono due CEDRI DEODARA, dalla circonferenza del tronco di 8 metri ed un’altezza di circa 25, nonostante un fulmine abbia reciso la punta diuno di loro.

Nella vicina via Torino, al n. 9 si vede un altro CEDRO DEODARA davanti ad una palazzina privata, sottoposto a potatura per non doverlo abbattere, a causa delle sue misure eccezionali. Per fortuna, il ridimensionamento è stato fatto con intelligenza e perizia da professionisti, in modo da non deturparlo, nonostante gli manchi adesso gran parte della chioma. Speriamo si riformi presto. A suo tempo è stato fatto l’errore di piantare un albero che per sua natura arriva a dimensioni enormi, davanti ad una casa. Nel 2013 è possibile vedere la profusione di rami del meraviglioso esemplare.

 Appena fuori Biella, salendo verso le Prealpi, c’è un parco dove passare almeno mezza giornata fra gli alberi. E’ la Burcina, aperta gratuitamente al pubblico e creato originariamente a metà ‘800 da Giovanni Piacenza.

Secondo il gusto di quel tempo, oltre alla vegetazione italiana è stata favorita quella nordamericana, con le gigantesche SEQUOIE. Queste crescevano anche in Italia in epoche lontanissime, come testimoniano i resti di Dunarobba (vedi Umbria).

Un boschetto con 5 impressionanti esemplari di 150 anni della varietà SEMPREVIRENS si trova quasi all’inizio del percorso. La più alta raggiunge i 50 metri e i 6 nella circonferenza del tronco. Capita raramente di trovarne in uno stato ottimale, come queste, che nascondono completamente i fusti con i rami penduli, ricoperti dalle tipiche foglioline sempreverdi scure, simili a quelle del tasso. Hanno cortecce spesse e spugnose, fatte per proteggerle dal freddo che, sulle alte montagne di cui sono originarie, quelle dell’Oregon e della California, può essere molto intenso.

Continuando a salire lungo il viale, vedrete un grosso FAGGIO dalle radici affioranti e dai lunghi rami che toccano terra. Questo albero è riconoscibile dalla fine corteccia grigia e, nella bella stagione, dalle foglie relativamente piccole e ovali, che diventano arancioni prima di cadere. I frutti già maturi in estate sono le faggiole, che quando si aprono lasciando uscire delle sottili mandorle, sembrano fiori di cuoio.

In quel punto, lasciando il viale ed entrando nel bosco a sinistra, troverete 3 AGRIFOGLI, di cui quello classificato come monumentale ha la circonferenza del tronco di circa due metri. Per questo tipo di albero, che non cresce molto, è una dimensione notevole. E’ un esemplare maschio, riconoscibile dalla mancanza di bacche. Stretta a lui la femmina e immediatamente dopo un altro maschio dal fogliame più imponente ma dal tronco inferiore. Gli alberi possono essere di sesso diverso o ermafroditi, come gran parte di quelli che hanno fiori con corolle e calici. Agrifogli, allori, pioppi, ginepri, tassi hanno fiori maschili o femminili su alberi diversi, che si possono riconoscere al momento in cui le femmine portano i frutti

Tornati sul viale, poco più oltre troverete un altro FAGGIO di età rispettabile, la cui varietà ASPLENIFOLIA, con foglie seghettate, si riconosce solo quando ne è rivestito.

Quasi alla fine del viale che sale sempre più in alto, ci sono due SEQUOIE GIGANTI in condizioni eccellenti. La corteccia è simile alle semprevirens, ma le foglie sono in questo caso più chiare e somiglianti a quelle del cipresso, ma pungenti e meno ramificate.

Ci sono molti altri alberi di grande interesse, anche se non monumentali, tra cui rododendri in quantità di cui potrete ammirare la fioritura a maggio.

Sempre nelle vicinanze di Biella, a 800 m. di altezza, oltrepassato Bioglio si raggiunge quella che era stata nel diciannovesimo secolo una villa con parco privato, che adesso è casa di riposo per anziani non autosufficienti, mentre nella ex dépendance c’è una comunità di recupero per ex-tossicodipendenti. Nel parco ci sono molti alberi stranieri di grande bellezza, oltre ai nostrani faggi e palme di san Pietro. L’albero più impressionante è il cinquecentesco CASTAGNO protettore della comunità giovanile. Una circonferenza di circa 12 metri ed un’altezza di 15 per una ceppaia che si divide in vari fusti. Questo albero, che da noi è diventato comunissimo, dopo essere stato piantato largamente per i suoi frutti, è originario dell’Asia Minore. Il suo nome latino castanea sativa deriva da Kastana, antica città di quell’area. Sativa significa “che si coltiva”. Il frutto del castagno, consumato fresco, cotto alla brace o bollito, oppure essiccato o ancora macinato come farina, ha sfamato generazioni di abitanti dei rilievi montani. Cresce abitualmente fra i 300 e i 700 metri di altezza, con tale frequenza, prima che fosse danneggiato dalle malattie e dall’incuria, da determinare il nome dato a quella fascia di altezza “castanetum”. Longevo, è molto belle per il suo fusto, le foglie, i fiori e i frutti. Come legname, dato che è ricco di tannino, (sostanza scura e amara che lo preserva dai marciumi e a noi serve alla concia delle pelli, oltre che a scopi medicinali) non è attaccabile dai tarli.

Tra gli alberi che ci sono più familiari, poco dopo il cancello d’ingresso al parco, sulla sinistra, un insolitamente alto tiglio con una circonferenza di 8 metri e un’altezza di 35. Sullo stesso prato c’è un CARPINE ed un OLMO SIBERIANO. Il tiglio è molto usato per le alberature di città grazie alla sua ombra e alla fioritura profumata di Giugno. Infusi di fiori di tiglio, di ottimo, delicato sapore, sono utili contro gli spasmi delle malattie da raffreddamento, ma anche da quelli del malumore.

Sulla destra, prendendo il sentiero, si trova quasi subito una bella TSUGA DEL CANADA, divisa in più fusti e alta circa 30 metri, purtroppo danneggiata. Questa conifera che si può definire leggiadra per la sua grazia, ha aghi corti la metà dell’abete bianco, verde scuro nella pagina superiore e argentati sotto, con minuscoli frutti a pigna che sembrano roselline legnose.

Suo vicino è un CIPRESSO DI LAWSON, che del cipresso ha solo le foglie. Il suo portamento è aperto e con le foglie pendule. Anche questo albero è purtroppo danneggiato, ma si mostra per una sua caratteristica, che è quella di emettere grossi rami molto in basso, che creano volute nello spazio e poi si interrano per riprendere l’andamento verticale, come un nuovo albero. Di origine nordamericana, assomiglia moltissimo alla tuja gigante, dalla quale si distingue per sottili linee bianche sulla pagina inferiore delle foglie e per il buon profumo, tra il limone e il prezzemolo, che si sente stropicciando le foglie.

Vicinissimo, cresce un possente ABETE DI DOUGLAS di una 50 di metri di altezza e 10 di circonferenza, altra conifera nordamericana, simile all’abete bianco nostrano ma più disinvolto e con le pigne rivolte verso il basso, provviste di punte. Nell’Oregon, suo paese di origine, può raggiungere i 100 metri di altezza.

Lungo il viale, due METASEQUOIE, di origine cinese, che perdono il fogliame in inverno contrariamente alle parenti nordamericane. Circonferenza di circa 8 m e l’altezza di 45.