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Rispetto

by in Umanità

 

L’aggressività e la maleducazione che tendono agguati anche nei posti dove meno ci aspetteremmo di trovarli, sono l’alito cattivo provocato dalla mancanza di un sentimento frainteso, qual’è il rispetto, il riguardo verso persone, animali e cose. Il valore che alimenta la considerazione per qualcuno o qualcosa, germoglia dove c’è sensibilità e senso delle proporzioni, oltre ad una vera libertà interiore, che rifugge dalla prepotenza. Essere liberi, infatti, significa saper guidare i propri impulsi, anziché esservi sottomessi, facendo e dicendo qualsiasi cosa arrivi in bocca, per grossolana e ingiusta che sia. Significa capire quando lasciare loro piena espressione e quando cedere il passo alla ragione, che ha bisogno di tempo e di calma. E’ una conoscenza che va di pari passo con quella dell’umanità altrui, che si dovrebbe evitare di ferire, nonostante a volte costi un notevole impegno, perché l’atteggiamento prevaricatore diventa un’abitudine più forte delle buone intenzioni.

Il rispetto è il riguardo e la delicatezza nei confronti altrui, il riconoscimento delle sue qualità e competenze, verso le quali è bene frenarsi dall’interferire. La distanza implicita nel rispetto, significa guardarsi dal procedere verso l’altro come se contasse poco o niente, cercando di imporsi. Il desiderio di affermarsi, di prevalere sugli altri, avviene proprio quando si è invece meno competenti, meno dotati di talento e se ne prova invidia. Avviene spesso da parte degli uomini verso le donne, dai colleghi e dai più o meno pari grado nelle famiglie o nella società, che vorrebbero brillare anche in ciò di cui sono incapaci, senza lavorare per acquisire bravura, ma cercando di calpestare quella altrui. E’ frequente in chi ha una posizione di una certa autorevolezza e ha l’abitudine di imporre la propria volontà.

 

 

Per quanto riguarda il rispetto nel suo senso generale, in passato spesso era dovuto alla soggezione e alla paura delle punizioni, più che alla sincera considerazione, perché le gerarchie erano rigide e per questo spesso ingiuste. Le donne, i bambini, gli animali, le classi sociali deboli, gli stranieri, i “diversi” si trovavano sempre vessati, incapaci di ribellarsi. Inghiottivano i torti che si accumulavano in profondità, trovando sfogo quando si presentava l’occasione di riversare la propria rabbia su qualcun altro, nel momento in cui lo si trovava vulnerabile. C’era qualche eccezione alla mancanza di rispetto verso le categorie deboli: fra queste gli ospiti e gli anziani. Quasi dappertutto l’ospite era trattato con riguardo, soprattutto se anziano o comunque con più anni di chi lo ospitava. Ne aveva diritto perché lontano dal proprio ambiente e dunque totalmente inerme, in una condizione in cui l’ospitante si sarebbe potuto trovare a sua volta un giorno. L’anziano era rispettato perché in possesso dell’esperienza e comunque spesso troppo fragile per essere ritenuto un antagonista.

Da decenni ormai il benessere economico e l’istruzione hanno portato un grande e veloce aumento della libertà, che è sicuramente un progresso. Si magnificano giustamente le virtù dei sensi e delle emozioni repressi e che hanno bisogno di risvegliarsi per poter apprezzare meglio la vita. Però molte volte sono ingannevoli e da soli, senza il sostegno della conoscenza e della consapevolezza, possono portare molto fuori strada. Dedicare tempo all’autoeducazione, che in teoria sarebbe ormai alla portata di molti, diventa un miraggio se ci si lascia acchiappare da troppi impegni non sempre davvero validi. Eppure, se non vogliamo vivere in un ambiente degradato è necessario fare lo sforzo di vincere l’inerzia che trascina la maggioranza, perché il cattivo esempio è il più facile da seguire e il più difficile da abbandonare.

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