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Il roccolo di Cembra (TN)

by in Animali, Piante, giardini, parchi

veduta del roccolo di Cembra

 

Da Laghetti e da Egna, nella vallata dell’Adige guardando verso un varco fra le montagne in direzione Sud, si può indovinare la presenza del roccolo del Sauch, sopra Cembra. Faggi e abeti piantati e allevati per intrecciare rami e radici che assecondassero gli uomini nel loro disegno, ogni anno durante ben più di cent’anni sono stati potati per diventare architetture vive. Alberi che in libertà sarebbero ormai molto grandi, hanno taglie infantili e solo i rami fittissimi ne rivelano la lunga esperienza.

C’è un gran frullare d’ali nelle correnti d’aria che al mattino scendono dalle montagne, guidando i migratori nei loro lunghi viaggi iniziati nei Paesi dell’Est. Attraversano la pianura Padana e volano lungo le coste spagnole per raggiungere Gibilterra e poi l’Algeria, il Marocco, il Senegal. Lungo gli stretti come quello di Gibilterra o dei Dardanelli, le correnti d’aria aiutano gli uccelli più grossi come gli aironi o le cicogne a sostenere la fatica del lungo volo, che invece gli uccellini possono affrontare anche per altre vie.

 

dentro il roccolo di Cembra

 

Passano sopra un grande prato dove il doppio roccolo, come un giardino all’italiana tutto gallerie ed archi, nasconde gli uomini che li aspettano per un mese ogni mattina. Da sotto il fogliame già colorato di giallo e di rosso, liberano le voci degli uccelli di specie uguale a quelli che stanno volando. Sono richiami d’amore, che un tempo erano cantati da piccoli prigionieri ingannati dai cacciatori che li avevano catturati. Adesso sono solo le loro voci ad essere trattenute da mezzi con cui gli uomini riproducono le impronte della natura. Incuriositi, gli uccelli più giovani o quelli che di lì non erano ancora passati, scendono per salutare quelli che credono compagni. Sulle volte delle gallerie accuratamente potate fino ad essere compatte come muratura non trovano un buon appiglio e allora fringuelli, lucherini, ciuffolotti si posano sui rami spogli lasciati ad arte nel mezzo del prato. Allodole, verdoni o verzellini scendono fino a terra. E’ allora che gli uomini nascosti lanciano il fischio di un rapace ed agitano uno spauracchio. I nuovi arrivati fuggono verso le gallerie per nascondersi, ma restano impigliati nelle sottili e quasi invisibili reti di cotone che chiudono gli archi. Gli uomini corrono a toglierli dalla trappola e li mettono dentro sacchetti bianchi di tela, fino a che i piccoli cuori in subbuglio per il grande spavento si calmino. Poi li osservano, li studiano, mettono un anello alle loro zampine e li lasciano volare via di nuovo, verso la meta. Un tempo li avrebbero imprigionati per sempre nelle gabbie, per venderli poi nei mercati, ai cacciatori.

Qualcuno di loro passerà di nuovo, tornando a primavera, ma nessuno cercherà di ingannarli. Voleranno sopra le distese bianche dei fiori di ciliegi, di meli e peri intenti a chiamare con reale benevolenza i ben più piccoli volatori che sono api, bombi e farfalle. Sarà il tempo dell’amore.

 

Questo testo è stato pubblicato nel mio libro VIAGGIARE COME LA LUNA -per conoscere chi e cosa fa il mondo migliore