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La maglia nera

by in Arte e cultura

Celerifero – foto da info dolomiti

 

E’ costume congratularsi e premiare chi nelle competizioni arriva primo, ma forse non è sempre la cosa giusta, perché l’ultimo può essere incappato in circostanze particolarmente sfavorevoli anziché mancare di impegno e capacità. Questo potevano aver pensato gli organizzatori del Giro d’Italia quando nel 1946 avevano deciso di premiare chi avrebbe raggiunto il traguardo dopo tutti gli altri ciclisti, anche se entro i tempi regolamentari. Forse era stato a causa delle vicende in cui si era trovato coinvolto il nostro Paese durante l’ultima guerra mondiale? Potrebbe essere stata una delle motivazioni per dare un consistente premio in denaro al primo vincitore alla rovescia, che si chiamava Luigi Malabrocca, quasi compaesano e quasi coetaneo del campione Fausto Coppi, nati entrambi nei dintorni di Novi Ligure. Così mentre Bartali vestiva la maglia rosa, Malabrocca indossava quella nera, che da allora è diventata simbolo di chi si trova all’ultimo posto di una classifica. La scelta del colore si deve al ricordo di Giuseppe Ticozzelli, calciatore piemontese negli anni venti del novecento che nel ventisei aveva partecipato al Giro d’Italia come ciclista indipendente, indossando la maglia nera con una stella bianca, della squadra calcistica del Casale. Ticozzelli era riuscito ad avvantaggiarsi di un’ora rispetto agli altri concorrenti ma, essendo indipendente, non aveva i gregari che gli portavano i rifornimenti e si era dunque fermato a mangiare in un ristorante, riunendosi agli altri concorrenti quando erano passati. Si era poi dovuto ritirare dopo quattro tappe perché ferito da una motocicletta che l’aveva investito.

L’ultimo arrivato al Giro d’Italia del 1946, Malabrocca era un bravo professionista che aveva vinto delle gare ma in quella prima edizione del premio al perdente aveva colto l’occasione di sottrarsi all’impossibile competizione contro Bartali, nella posizione che aveva poi replicato l’anno dopo. Nel 1952 questa usanza era stata abolita perché si prestava ad un comportamento antisportivo e non sempre decoroso. Era stata reintrodotta solo nel 1967, in occasione del cinquantesimo anniversario del giro d’Italia,.

Il colore delle maglie non è casuale perché quella rosa, che lascia adesso un po’ perplessi dato che da noi oggi è ritenuto emblema della femminilità, era stato scelto nel 1931 per riagganciarsi al colore del giornale Gazzetta dello Sport. Lo spunto veniva dal Tour de France che premiava con la maglia gialla, riferita al giornale sportivo L’Auto-Vélo, nato in contrapposizione a quello su carta verde dal nome Le Vèlo. C’è poi la maglia azzurra che si riferisce al cielo, riservata a chi vince in montagna, mentre quella rossa fa riconoscere la classifica a punti e quella bianca è per i giovani.