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La musica degli alberi

by in Arte e cultura, Piante, giardini, parchi
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concerto di colori – foto di Anna Cassarino

 

Che le piante siano esseri sensibili, capaci di accorgersi di ciò che succede intorno a loro e di rispondervi adeguatamente, è stato provato da anni. Il prof. Stefano Mancuso, del Centro di Neuro-biologia vegetale di Firenze si dedica completamente a studiarne la finezza e a farcela conoscere.

La musicologa Laura Silingardi e il marito programmatore informatico Tiziano Franceschi, da anni fanno musica con le piante. Lo scorrere della linfa che ne irrora le cellule (come avviene per noi col sangue) e tutto il metabolismo, producono impulsi elettrici allo stesso modo di ogni essere vivente. Applicando dei sensori alle foglie e collegandoli a un computer, è possibile tradurli in suoni. Il benessere, il disagio o la malattia si possono riconoscere in quella che si percepisce come una musica. Le proprietà chimiche, il carattere, il vissuto di ogni pianta si avverte nei suoni più gravi o più acuti, così come nell’armonia più o meno vivace o cupa, lenta o veloce. Quando si tratta di alberi, che vivono anche centinaia e migliaia di anni, l’età si sente e si differenzia.

Si sintonizzano anche su ciò che suona Laura, armonizzarsi con le emissioni del suo strumento. Gli alberi non hanno orecchie, ma percepiscono le vibrazioni con tutto il loro essere, così come non hanno occhi, bocca o naso, ma individuano la luce, gli odori, le sensazioni con foglie, rami e radici.

Il musicista Diego Stocco suona campionando i rumori emessi materialmente da tronchi, rami e foglie quando vengono percossi, toccati, strofinati.

Bartholomaus Trubeck, invece, dagli alberi morti taglia un disco che tratta come quelli di vinile, su un giradischi dalla punta speciale. Ogni cerchio, corrispondente ad un anno di vita, testimonia l’esperienza dell’albero in quel periodo, decodificato da una telecamera che ne analizza le caratteristiche, trasformando i dati in suoni.

Infine c’è l’orchestra viennese che fa musica con ortaggi acquistati la mattina stessa del concerto e poi utilizzati in vario modo: tagliandoli e magari bucandoli, come avviene per quelli che devono fare i flauti, incidendoli come per il guiro, lasciandoli interi come succede alle zucche, che diventano tamburi. Alla fine dell’esibizione, tutto finisce in pentola. Sono i Vegetable Orchestra.