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Parole giuste

by in Umanità
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galaverna – foto di Germano Ferrando

  Dare il nome giusto a sentimenti, cose, situazioni, permette di distinguere e magari di capire. Senza nome o col nome sbagliato, la realtà resta oscura. Spesso, durante i diverbi, diciamo parole improprie, eccessive, frutto dell’ira e non certo della coscienza, che impediscono di capirsi e aggravano le difficoltà. Per capire prima di tutto se stessi e allora poter capire gli altri, occorre dare un nome a ciò che ci fa agire e questo è compito della coscienza, che ha bisogno di tempo e attenzione. (Alla questione tempo ho già dedicato due articoli che suggerisco di rileggere qui e qui). Ha anche bisogno di qualcosa che l’aiuti, come fa la scrittura. La memoria spesso tende a cancellare o a modificare i fatti, falsificandoli. Anche il rimuginare tra sé e sé è infruttuoso e fa perdere tempo ed energia. A questo proposito potete leggere l’articolo Illusioni sensoriali e Cosa distorce la realtà.  

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galaverna – foto di Germano Ferrando

Scrivere ciò che si prova o che si vorrebbe dire, invece, permette di fare progressi. L’elaborazione delle parole scritte avviene in una parte diversa del cervello, rispetto a quelle che si formano per impulso. Dopo aver scritto, riletto e corretto, occorre lasciar riposare. Trascorse diverse ore o un giorno, rileggendo si troveranno esagerazioni, idee distorte, mal espresse o poco chiare. Se così non fosse, occorre essere più sinceri con se stessi. E’ impossibile che ad un esame onesto, ciò che si è scritto in momenti critici si avvicini all’obbiettività. Occorrono giorni, settimane, mesi, a seconda del punto da cui si parte, per fare corrette valutazioni. Dopo diverse riletture e revisioni, c’è la possibilità di aver definito la questione e di sentirsi meglio, perché c’è stata un’elaborazione interiore, come un cibo che viene digerito, assimilato e che dà energia. Senza riflessione e senza l’aiuto di un mezzo giusto, molto transita nella vita restando indigesto e produce incubi per sè e per gli altri. E’ utile anche l’articolo Sappiamo leggere e scrivere davvero?    e Perché la prepotenza è sempre in auge