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Nei panni altrui (seconda parte)

by in Umanità

 

Segnalo la bellissima canzone “io sono l’altro” di Niccolò Fabi, che si può trovare su you tube, a proposito del mettersi nei panni altrui e qui di seguito cito esempi di piccole azioni per applicare il principio in questione.

Spesso si agisce come se tutti avessero le stesse proprie informazioni, le stesse possibilità, ma anche le stesse attitudini e lo stesso carattere nostro e dunque viene tralasciato ciò che è invece indispensabile per capire e farsi capire. Senza comprendere come stanno davvero le cose è impossibile fare valutazioni corrette e i malintesi, i guai e i dolori ne sono la conseguenza. La maggior parte di noi comunque desidera sentirsi utile, stimata e rispettata, oltre che amata. Dunque si può essere quasi certi che chiedendoci cosa proveremmo se venissimo trattati nello stesso modo che riserviamo a certe persone, può farci percepire quanto a volte le mortifichiamo. Anche se ce ne sono di poco sensibili e poco generose, con le quali occorre un grande investimento di pazienza e buona volontà per ottenere qualche risultato, ce ne sono altre che invece ricompensano subito con altrettanta gentilezza quella che ricevono. Almeno con loro occorrerebbe sollecitare al massimo il nostro potenziale empatico, stando più attenti ai comportamenti e alle parole che usiamo. In particolare, lasciarsi andare a parole crude e villane, ritenendo che questo faccia parte della sincerità, è una mancanza di rispetto che offende colui (o colei) a cui sono dirette e involgarisce chi le pronuncia. Se si è in disaccordo su qualcosa va espresso moderando i termini, anche perché si potrebbe essere in errore nel giudizio, come succede spesso a chi si esprime rudemente perché poco abituato a pensare (che è ben diverso dal rimuginare) prima di parlare o di scrivere.

 

 

Succede che quando si è in compagnia e si incontra un conoscente o un amico, che però è sconosciuto a chi è in quel momento con noi,  non lo si presenti né lo si faccia partecipare alla conversazione, col risultato di far sentire l’altro come inesistente. Oppure spesso si presenta una persona a un’altra dicendone solo il nome, senza dare qualche indicazione che possa favorire una buona impressione, come per esempio: “questa è Soraya, che conosce le musiche più diverse e le piace tanto ballare”. Senza un minimo di indicazioni, salvo che almeno uno dei due interlocutori sia particolarmente disinvolto e sollecito, quella presentazione cadrà nel vuoto e l’imbarazzo impedirà una conoscenza che si sarebbe potuta sviluppare bene. Anche nei gruppi, a volte la conversazione si svolge solo fra chi si conosce da tempo, senza cercare di coinvolgere una persona che ancora non è in confidenza e magari sta zitta solo perché è difficile inserirsi o preferirebbe un altro argomento. Lasciare che resti ignorata può rendere penosa la permanenza a lei e far perdere un’occasione a tutti. Fare delle nuove conoscenze piacevoli e utili è difficile, soprattutto quando si comincia ad essere anziani e si finisce col restare isolati, anche se si è socievoli e interessanti. Più una persona è sola e meno è ricercata, perché istintivamente si tende ad associare le migliori qualità a chi è più circondato da amici e conoscenti. Invece, spesso, ha più seguaci semplicemente chi è più nella norma, adatto a qualsiasi compagnia e proprio per questo a volte più superficiale e meno capace di apportare qualcosa che fa progredire nella propria educazione. Ciò che è facile può essere piacevole, ma raramente permette un miglioramento di sé.

Cominciando da piccoli cambiamenti del genere si potrà abituarsi ad accorgersi di tante cose ignorate in precedenza e a rendersi conto che le proprie idee fisse possono spesso tradursi in comportamenti disumani, senza esserne consapevoli, soprattutto perché spesso sono adottati da troppe persone e il numero trasforma una piccola cosa in un grande male. Di questa mancanza di consapevolezza, però, si è responsabili.

Per leggere la prima parte dell’articolo cliccare qui

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