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Museo dell’olivo di Imperia

by in Musei della natura e dell'uomo, Piante, giardini, parchi

 

Nel giardino del Museo dell’olivo dimorano alcuni esemplari annosi dell’albero che rappresenta al meglio le terre mediterranee, nelle dimensioni che siamo abituati a vedere. Ma ancora oggi quando l’olivo selvatico trova spontaneamente il posto dove crescere, la sua altezza si fa due e più volte superiore a quelli coltivati, come avviene per i longevi suoi pari che vivono anche tre e quattromila anni, accrescendo oltre all’altezza la circonferenza del fusto e della chioma. A forza di selezioni e potature accurate, nei campi dove vengono messi a dimora sono stati portati alle dimensioni necessarie per la raccolta a mano dei preziosissimi frutti, scuotendo le fronde da terra o su particolari scale sottili che si infilano fra i rami.

In ogni caso le olive devono essere perfettamente integre e mai rimanere a terra, -dove vengono raccolte nelle reti-, per più di qualche ora. Altrimenti l’olio risulta acido e può essere utilizzato solo per scopi non alimentari, che in passato riguardavano in gran parte l’illuminazione, facendolo bruciare in lampade di varie dimensioni.

Chi mangia delle olive subito dopo averle colte le trova sgradevoli perché occorre un trattamento per renderle commestibili. Il procedimento più semplice è quello della salatura che ne estrae i liquidi amari, altrimenti occorre tenerle a bagno per alcune ore nella soda caustica e dopo averle risciacquate più volte si possono conservare in salamoia. Se invece si vuole ottenere l’olio è necessaria la spremitura dei frutti coi noccioli, che può avvenire solo usando un torchio.

 

una sala del museo dell’olivo – foto di Riviera 24

 

Percorrendo il Museo dell’Olivo di Imperia, nella Liguria che verdeggia delle sue fronde da secoli, attraverso gli oggetti ordinari per la lavorazione e il trasporto, poi quelli raffinati che ne riguardano l’impiego, possiamo conoscere parte della sua storia. Dai vari pannelli con le spiegazioni si viene a sapere che in epoca antica una persona impiegava trenta litri d’olio l’anno per la cura del corpo, venti litri per alimentarsi, tre litri per l’illuminazione e due per uso rituale o medicinale.

Gli atleti all’epoca degli antichi greci e romani si cospargevano di olio d’oliva che usavano anche per rimuovere la sporcizia dal corpo usando lo strigile, quell’attrezzo metallico ricurvo che troviamo spesso nei musei archeologici. Per lavarsi comunemente si usava un miscuglio di cenere e argilla oppure di sabbia e orzo oppure bicarbonato di sodio. Dopo aver scoperto il modo per fare il sapone (come quello di Marsiglia, di Castiglia e di Aleppo), che richiede l’impiego di grassi, in passato come oggi si può privilegiare l’olio d’oliva. L’olio era anche la base grassa in cui far macerare i petali dei fiori per ottenere il profumo e le sostanze curative delle erbe.

 

braciere scaldapiedi a sansa

 

Ci si rende conto, passando attraverso le sale ben allestite, di quanto noi mediterranei dobbiamo all’albero di olivo, che oltre ad essere utile è bello come una scultura naturale, nel suo continuo torcersi per adattarsi alle mutevoli condizioni dei terreni in cui vive per centinaia e migliaia di anni, modellando anche la nostra vita.

Altri interessanti musei dell’olivo si trovano in Umbria a Torgiano e a Trevi, in Veneto a Bardolino .

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