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Piante tessili da mangiare: juta, lino, canapa e cotone

by in Piante, giardini, parchi

juta – Corchorus olitorius – foto da wis economy

 

Fin dai tempi dei faraoni, in Egitto si coltivava una pianta da cui ottenere cibo gustoso e nutriente dalle foglie e bella fibra resistente dai fusti. Si trattava del Corchorus olitorius, che gli arabi chiamano Malukhiyah e che noi conosciamo solo col nome di juta. In Africa, Medioriente e Asia è apprezzata largamente per cibarsene, anche nella varietà chiamata Corchorus capsularis e il suo utilizzo come fibra è secondo solo al cotone. E’ una pianta erbacea che cresce bene dove ci sono grandi piogge di tipo monsonico, è alta da due a quattro metri ed è chiamata anche canapa di Calcutta, perché è parente della canapa a cui assomiglia e in India ce ne sono le più estese coltivazioni. E’ molto resistente e per questo adatta ai tessuti per imballaggio ma la fibra di colore bianco, giallognolo o bruno, dai riflessi dorati o argentei, serve anche per realizzare oggetti come cappelli, borse e tappeti ed è molto economica. La parte legnosa che rimane dopo la macerazione in acqua per liberare dal verde le fibre, si utilizza come legna da ardere.

 

lino – Linum usatissimum – foto da Negozio Bonsai ZR giardinaggio

 

In passato i campi fioriti d’azzurro a maggio erano lo spettacolo che offriva la campagna dove il lino era coltivato e lavorato. L’aspetto esile della pianta ne rivela il carattere timido e non competitivo, che soccombe a quelle più rustiche e vigorose. Ecco perché occorre seminarla alternandola ogni anno con la coltivazione dell’erba medica o del trifoglio, che impediscono alle infestanti di installarsi, mentre nutrono il terreno quando sono a dimora e il bestiame quando vengono tagliate.

Ormai il lino che non sia per uso personale si coltiva più a Nord: in Belgio, in Francia, in Irlanda, oppure nell’Est Europeo, ma testimonianze delle sue origini antichissime sono state ritrovate in Svizzera, in Medio Oriente e in Egitto. Lo si coltiva da millenni per avere le fibre fresche e resistenti da tessere e, in una varietà diversa, per i semi scuri e nutrienti da mangiare aggiunti ai cibi o in forma di pane, come avviene ancora oltralpe. L’impacco di semi di lino riscaldati, messi dentro un sacchetto di tela che si adagia sul petto, era ancora usato da noi fino a qualche decennio fa per curare la tosse. L’olio che se ne spreme è buono per condire e consente di ottenere le più delicate sfumature dai colori per dipingere quadri, perché quando secca rimane elastico e non si rompe. E’ il motivo per cui viene impiegato per rivestire strade e ponti proteggendoli dall’usura o, mescolato al sughero, diventa il linoleum che copre i pavimenti delle case. In passato se ne impregnavano i tessuti così da renderli impermeabili e adatti ai tettucci di calessi e carri. Prima dell’elettricità serviva per illuminare, bruciando in lampade di ogni misura.

Anche dai semi della canapa e del cotone si ottiene olio alimentare.

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